Martedì 12 Novembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

La strategia della premier. Meloni smorza i toni. Niente polemiche interne, la vera nemica è Schlein

Silenzio della presidente del Consiglio di fronte alle intemperanze tra alleati. Meglio puntare tutto sulla contrapposizione con il Partito Democratico.

La strategia della premier. Meloni smorza i toni. Niente polemiche interne, la vera nemica è Schlein

La strategia della premier. Meloni smorza i toni. Niente polemiche interne, la vera nemica è Schlein

Inutile cercare altrove l’erede di Silvio Berlusconi: si trova a Palazzo Chigi, e si chiama Giorgia "detta Giorgia". Come il fondatore del centrodestra, se la deve vedere con le intemperanze del capo dello Lega: ieri era Bossi, oggi Salvini. Al pari del Maestro della comunicazione, sa che quando si chiede il voto bisogna avere un nemico, demonizzarlo. Per lui, che non aveva origini politiche da ripulire, era il comunismo, per lei che non se lo può permettere è, più genericamente, la sinistra. E siccome la leader di FdI vuole preparare il terreno alla Repubblica fondata sul premierato, chiama in causa la rivale diretta: Elly Schlein.

Sull’Europa la premier ha un’idea diversa da quella di Sergio Mattarella: disegna una Ue "con la specificità degli Stati". Più istituzionale di Salvini, si ferma qui: figuriamoci se nel giorno della festa della Repubblica si mette a polemizzare, sarebbe assolutamente inopportuno. Ragion per cui evita di scendere nell’agone dopo l’entrata a piedi uniti sulla tibia dell’inquilino del Colle da parte del vicepremier del Carroccio. Il fatto di non aver apprezzato il fallaccio non è un buon motivo per gettare alcol sul fuoco. Soprattutto il 2 giugno. Poi, si vedrà. Anche perché deve fare i conti con una campagna elettorale che, all’inizio, sembrava in discesa ma che con il tempo per lei è diventata più difficile. Raccomandarsi a "San Silvio" aiuta.

In questo scorcio finale, martella sullo stesso tasto: la minaccia a sinistra è diventata la chiave della campagna elettorale. Grazie alla narrazione della "donna maltrattata" che ha la forza di ribellarsi, la premier arriva esattamente dove arrivava per altre strade il Mago della propaganda. Si presenta come vittima e debole, benché sia presidente del Consiglio e leader incontrastata del partito più forte. Attacca, travestendo l’offensiva da legittima difesa. Impone un’immagine di sé più che del suo schieramento. Certo, per raggiungere Silvio ci vuole ancora un po’. A ridosso del voto, il campionissimo tirava sempre fuori un coniglio dal cappello. Lei non fa magie, almeno finora. Imparerà. D’altra parte, la polarizzazione le serve anche a tenere a bada la sua maggioranza che, in realtà, è forse più riottosa di quanto non fosse quella del Cavaliere. Per quanto siano alleati, Tajani e Salvini non se le mandano a dire. Poi, certo Giorgia è Giorgia, gli altri sono comprimari.

E lei ha urgenza di preparare il terreno alla Repubblica vagheggiata con il premierato, in cui si sfidano due persone. Perciò quando può e anche quando non potrebbe, la leader di FdI spinge alla lotta l’avversaria prescelta. Vuole che lo scontro sia a due: lei e Elly Schlein. In parte perché è convinta di avere partita più facile con la segretaria del Pd che con Giuseppe Conte, gran demagogo quindi capace di giocare sul suo terreno.

Ma è il meno: l’importante è abituare gli italiani a una contrapposizione diretta, e cosa è meglio di un duello fra le leader dei partiti più grandi? L’altro ieri Meloni ha lanciato l’ennesima sfida: "Schlein pensa che questo governo non sia democratico?". La rivale, che da questa tattica trae il suo tornaconto e di problemi con il campo largo ne ha di più di lei, raccoglie il guanto: "Non sono un jukebox che parla a comando. È la premier che deve dare risposte". La chiamata alle armi serve pure a spaventare gli elettori convincendoli a non restare a casa per fare muro contro il nemico. E se il nemico non c’è o è troppo debole per spaventare, basta inventarlo.