"Mi sedetti dalla parte dei cattivi visto che tutti gli altri posti erano occupati", potrebbe dire Giancarlo Giorgetti parafrasando la celeberrima frase di Bertold Brecht. Sì, perché questo è il punto: la spending review langue. Non tutti i ministri hanno presentato il piano di risparmi che il titolare dell’Economia ha chiesto ad agosto. Anzi. E così, lui tira fuori la scimitarra. Per ora la fa solo vedere, promette di usarla ma spera che la minaccia basti. E già che c’è, inasprisce la medicina: se i tagli all’inizio dovevano ammontare a 2 miliardi, adesso diventano circa 3 miliardi, qualcuno ipotizza anche cifre più alte. Di sicuro, indispensabili per far quadrare i conti della manovra. E dato che di aumentare la pressione fiscale è bestemmia parlarne, il sempreverde strumento dei tagli alle spese dei ministeri stavolta deve diventare una cosa reale.
Per questo, Giorgetti passa alle manovre forti: o sforbiciate da soli, o ci penso io e allora è peggio. Non la mette proprio così, ma quasi: "Ho preannunciato a tutti i miei colleghi: bisogna fare sacrifici e rinunciare a qualche programma". Dopodiché "se non presenteranno proposte al ministro dell’Economia toccherà fare la parte del cattivo e provvederà lui", garantisce il titolare dei conti pubblici alla festa del Foglio. Del resto, chiosa, se quei soldi sono usati per progetti "inutili", meglio che vengano spesi per altro, per il taglio dei cuneo ad esempio o per aiutare famiglie con figli piccoli. "Nella manovra non ci saranno nuove tasse", assicura. A stretto giro, arriva la conferma della premier, Giorgia Meloni: "Quella delle tasse per tutti è un’altra fake news, perché questo governo le tasse le abbassa. Aumentarle è una cosa di sinistra, ma io di sinistra non sono, quindi faremo del nostro meglio per confermare certi provvedimenti e magari fare qualcosa di più".
E dunque, zac: si sforbicia. Via tutte le spese che possono essere considerati sprechi di "tanti ministeri, tanti enti pubblici, anche non economici, che vivono di contributo pubblico" che devono rendersi conto, continua Giorgetti, "che ogni euro che spendono è un euro tolto ai cittadini e alle imprese che pagano le tasse". Ministro avvertito, mezzo salvato. Già: ma la torva minaccia di Giorgetti cosa significa? Una formula tanto semplice quanto temuta: tagli lineari. Ovvero, amputazione non ragionata né calibrata caso per caso, ma uguale per tutti. "Addò coglio, coglio", per dirla alla napoletana con l’ex ministro Gianfranco Rotondi. E a chi tocca, non s’ingrugna.
Per questo, Adolfo Urso, titolare del dicastero delle Imprese e del Made in Italy ha le cesoie in mano: "Stiamo provvedendo a indicare a Giorgetti dove possiamo tagliare e rinunciare alle risorse". Matteo Salvini bussa subito alla porta del collega per domandargli la ’prova d’amore’: "Vado a parlare con Giorgetti per difendere il mio budget", avverte. Alla fine del colloquio, il titolare delle Infrastrutture rilancia: "Non ci saranno nuove tasse". E non sarà l’unico a pretendere un confronto. Da sempre a ridosso del varo della manovra si assiste a una processione di ministri che un po’ protestano, un po’ si raccomandano al Mef. A prenderla malissimo sono i Comuni che ripetono, per bocca del presidente di Anci Lombardia, Mauro Guerra, che per altri tagli "spazio non c’è".
Giorgetti non è il primo a minacciare il ricorso all’arma ’fine di mondo’. Ci hanno provato in tanti, ma uno solo ha proceduto davvero. Quello che non aveva bisogno di fare il cattivo essendolo di suo: Giulio Tremonti. Il pluri-ministro dell’Economia più e più volte andò a caccia di fondi tra i dicasteri causando ribellioni a non finire. Gli annali conservano epici scontri, tra i quali quello, nel 2010, con l’allora ministro della Cultura Sandro Bondi. Si narra che – mentre quest’ultimo minacciava le dimissioni per eccesso di tagli – Tremonti lo gelò così: "La gente non mangia cultura". Anni dopo, l’attuale presidente della commissione Esteri della Camera assicurò di non aver mai pronunciato quella frase. I tagli, però, non li ha rinnegati.
Come andrà questa volta? Lo sapremo presto. La dolorosa operazione chirurgica va completata per martedì, quando si riunirà il Consiglio dei ministri per varare il documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles. Insomma, per i colleghi di Giorgetti non sarà una domenica gioiosa.