Mercoledì 15 Gennaio 2025
REDAZIONE POLITICA

La riforma bancomat

Antonio Troise

«UN POLITICO pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni», dicevaJames Freeman Clarke. E un ministro tecnico? Probabilmente, solo a fare cassa. Lo avremmo dovuto intuire dalle lacrime versate da Elsa Fornero durante la conferenza stampa sulla manovra «Salva Italia». Prima di commuoversi, l’ex ministro del Welfare, aveva parlato di «vincoli finanziari severissimi», che avevano imposto al governo «di chiedere sacrifici» che le erano «costati cari anche psicologicamente». Ieri, in tv, la Fornero non ha pianto. Ma, in compenso, è stata più esplicita: il blocco delle indicizzazioni non faceva parte della sua riforma, ma è stato imposto dal ministero dell’Economia per far quadrare i conti. Erano giorni drammatici, la Bce aveva posto precise condizioni per aiutare l’Italia a piazzare sul mercato i suoi Btp, evitando il default. In cima alla lista delle richieste c’erano nuovi sacrifici per i pensionati.

 

MA LA SENTENZA della Consulta più che irragionevole, come sostiene la Fornero, mette alla berlina un antico vizio italico al quale neanche l’esecutivo Monti è riuscito a sfuggire. Il problema non è stato quello di aver violato il recinto sacro dei «diritti acquisiti», ma il mododi fare le riforme. Certo, è a dir poco imbarazzante per un tecnico del calibro dell’austera docente torinese, leggere nella sentenza della Corte Costituzionale che i diritti dei pensionati «non possono essere irragionevolmente sacrificati, in nome di esigenze finanziarie blande e generiche». Ma ciò che non torna è la filosofia di una riforma che ha trasformato la previdenza in un bancomat dal quale prelevare buona parte delle risorse per fare fronte alle esigenze di finanza pubblica. Lo stesso meccanismo all’origine del pasticcio degli esodati, i lavoratori che, per effetto di crisi e innalzamento dell’età pensionabile, sono senza stipendio e senza assegno Inps.

La verità è che le riforme nate sull’onda dell’emergenza e studiate per fare cassa, rischiano di fallire prima ancora di marciare a regime. Non a caso, a tre anni dalla Fornero, si profila all’orizzonte una nuova riforma. Un paradosso se si pensa che questi interventi si definiscono strutturali perché devono garantire risparmi costanti nel tempo e assicurare la tenuta del patto generazionale. L’esatto contrario di quello che è avvenuto tre anni fa.