Milano, 20 settembre 2023 – "I Cpr sono “non luoghi“ di sospensione dei diritti, nei quali le persone sono sostanzialmente carcerate. Sono degli istituti di detenzione amministrativa il che vuol dire che i suoi ospiti sono privati dalla libertà personale anche in assenza di un reato, di un processo e delle garanzie tipiche dell’ordinamento penitenziario. Sono di fatto una intollerabile discarica sociale". Così Teresa Florio, dello sportello legale del Naga, associazione laica – attiva con i suoi 400 volontari a Milano e in particolare a supporto dei migranti del Cpr di via Corelli – che ha promosso la rete “Mai più lager-no ai Cpr“.
Il trattenimento nei Cpr è stabilito con un provvedimento motivato del Questore, che deve essere confermato dal giudice di pace. Sono condizioni sufficienti per garantire i diritti?
"Certo che no. Il giudice di pace, che non è un giudice togato, non ha giurisdizione sulla detenzione dei cittadini. Ma apparentemente viene ritenuto abbastanza per dei migranti, evidentemente figli di un Dio minore. Adesso si eleva la permanenza fino a 18 mesi, senza che lo decida un giudice togato: ma dove siamo?".
Sono comunque previste udienze per la convalida e poi l’estensione del provvedimento.
"Certo, ma spesso i migranti, molti di loro incensurati, non sanno neppure chi sia il loro avvocato, di norma un avvocato d’ufficio che non hanno mai visto prima, spesso le udienze sono in videoconferenza, il migrante nel Cpr, in tribunale l’avvocato, il mediatore culturale e il giudice. Spesso la persona trattenuta non capisce, non sa cosa sta succedendo".
Come vive chi sta in un Cpr?
"Mediamente, male. In Italia le strutture sono diversissime. Si va da stanzoni con moduli abitativi che hanno all’interno anche la latrina a ex celle con 4 persone. E c’è una giungla di norme e regolamenti e di fatto riducono i diritti di chi sta dentro".
Per chi sta dentro i Cpr ci sono attività di qualche tipo?
"Come da regolamento il gestore privato, che riceve un corrispettivo giornaliero per ogni persona che è dentro, dovrebbe organizzare anche delle attività ricreative. Ma spesso questo resta sulla carta. Non ci sono neppure i luoghi di culto... Pregano nei corridoi".
Voi avete uno sportello telefonico per chi sta dentro i Cpr. Che cosa vi segnalano?
"Il primo problema sono i problemi di salute. Secondo il regolamento ministeriale l’Asl dovrebbe fare visite per accertare l’idoneità ad entrare in una comunità ristretta. Ma le visite sono così superficiali, sostanzialmente la rilevazione della pressione arteriosa e il test Covid, che all’interno abbiamo trovato di tutto: tanti con problemi cardiaci, crisi d’asma, crisi epilettiche, diabete. E davvero molti con patologie psichiatriche".
La detenzione riesce a centrare il suo obiettivo, cioè spingere il migrante ad andarsene?
"Ci sono 6mila persone che sono passate nei Cpr nel 2022 a fronte di 600mila persone irregolari sul territorio: parliamo quindi di una minoranza assoluta. Ora, di queste seimila persone solo la metà è stata rimpatriata. Questo vale la compressione dei loro diritti? Secondo noi, no. E comunque, quello che ci dicono le persone che vengono rimpatriate è sempre la stessa: io devo tornare. E infatti".
Ci sono casi di maltrattamenti, di autolesionismo o di suicidi?
"Certo. E ci sono denunce penali. Ci sono casi di pestaggi, molti tentativi di autolesionismo. E nel 2022 ci sono stati anche 5 casi di suicidio. Sono luoghi di disperazione ed esasperazione. E non a caso, per mantenere la calma è molto diffusa la somministrazione di sedativi".