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La premier Giorgia Meloni, 48 anni
Un fragoroso silenzio. All’indomani del suo discorso alla Cpac di Washington, proprio poco prima di quello oceanico del presidente Usa, ieri per Giorgia Meloni è stato – forse – il giorno della riflessione. I risultati delle urne tedesche hanno visto gioire Donald Trump, Netanyahu e in Italia Matteo Salvini, ma non una voce si è invece alzata da Palazzo Chigi e da Fratelli d’Italia. Ha gioito, seppur in modo diverso nell’ambito del centrodestra di governo, anche Antonio Tajani, che con la Cdu, partito componente del Ppe, le elezioni tedesche le ha vinte davvero, ma l’esito delle urne nel Paese chiave europeo, proprio mentre Emmanuel Macron sta volando negli Usa per trattare con Trump il riarmo europeo e non solo, non ha visto la reazione della premier italiana.
Un silenzio che ha reso ancora più plastico, se possibile, il momento di imbarazzo che sta vivendo Meloni, divisa tra l’essere sodale di Trump e l’essere stata la prima sostenitrice di Zelensky, ma soprattutto consapevole che il ruolo di cerniera tra l’Europa e gli Usa, che lei si sta sapientemente ritagliando, al momento però sta dando risultati modesti. Incerti. Poco chiari. In Europa e nel mondo. E ora che c’è da "cambiare radicalmente l’Europa", tenere i piedi in due staffe, fare giochi di sponda oppure dire e non dire, come nel discorso al Cpac, dove ha sì parlato di Ucraina, ma non ha mai nominato il suo presidente Zelensky, non giova al suo ’stand’ estero.
Ieri, con la consueta perfidia, Matteo Renzi ha voluto sottolineare che il tentennamento di Meloni "la sta, di fatto, isolando in Europa", contrariamente a quanto pensano i suoi, che hanno invece considerato "coraggioso" l’intervento al Cpac: una scelta, ha sostenuto infatti ieri Carlo Fidanza – uno degli uomini a lei più vicini che l’ha anche aiutata a comporre il suo discorso – che le avrebbe consentito di dimostrare "che amicizia non è sudditanza" su questioni spinose come i dazi o l’Ucraina, altro capitolo su cui tra gli alleati le sensibilità sono diverse. Anche perché, per dirla con Tajani, l’Europa ora "deve affrontare le sfide più cruciali, dobbiamo diventare soggetto politico, economico e militare unico" e per perseguire questo schema servono idee molto chiare sulle priorità, che invece adesso appaiono piuttosto confuse; mollare Zelensky al suo destino per non irritare Trump oppure insistere nella linea anti Putin, in contrasto con Salvini? La scelta non appare semplice, soprattutto alla luce delle dichiarazioni a caldo rilasciate dal neo cancelliere in pectore Merz, secondo il quale l’Europa dovrà avere, come priorità assoluta "l’indipendenza dagli Stati Uniti", non proprio un invito al dialogo con Trump e, di conseguenza, con colei che vuole intestarsi il ruolo di ponte tra le due sponde dell’Oceano.
Oggi, intanto, la premier firmerà accordi per investimenti miliardari degli Emirati Arabi in Italia proprio mentre il suo consigliere diplomatico Fabrizio Saggio, ieri ha inviato una lettera a Oles Horodetskyy, presidente associazione cristiani ucraini in Italia, dicendo che "sostenere l’Ucraina e il popolo ucraino significa sostenere la difesa della libertà" unita alla "convinta intenzione (di Meloni, ndr) di rendere omaggio all’eroica resistenza del popolo ucraino anche in occasione di questo terzo anniversario, analogamente a quanto ha fatto lo scorso anno di persona a Kiev". Parole di forma o di sostanza? Al momento, la risposta non c’è.