Domenica 23 Febbraio 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

La premier al contrattacco: "Non sono ricattabile, vado avanti a testa alta"

La maggioranza fa quadrato. Tajani: è una ripicca per la riforma della Giustizia. E Salvini urla alla "vergogna". Schlein e Conte: la presidente venga in aula.

Giorgia Meloni, 48 anni, mostra in un video diffuso sui social la notifica ricevuta dalla Procura di Roma

Giorgia Meloni, 48 anni, mostra in un video diffuso sui social la notifica ricevuta dalla Procura di Roma

Il guaio è grosso, ma la premier è abile. Non aspetta che "la notizia del giorno", ovvero l’iscrizione nel registro degli indagati sua, dei ministri dell’Interno e della Giustizia Piantedosi e Nordio, del sottosegretario Mantovano, rimbalzi dalla procura di Roma in qualche redazione. Gioca d’anticipo, registra un video che mette sui social in cui sventola l’avviso e informa il paese con tanto di dettagli. "Il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia". All’origine c’è un esposto presentato "dall’avvocato Luigi Li Gotti ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi" ("veramente ha fatto carriera a destra", insorge la senatrice del Pd Sandra Zampa), il quale denuncia i reati di favoreggiamento, per avere permesso al generale libico Almasri, ricercato dalla Corte penale internazionale, di uscire dal carcere e lasciare il Paese, e di peculato per averlo fatto su un aereo di Stato.

Dopo aver puntato il dito contro la tempistica con cui la Corte ha spiccato il mandato d’arresto "quando stava per entrare sul territorio italiano dopo che aveva serenamente soggiornato per circa 12 giorni in altri 3 stati europei", prosegue con la spiegazione canonica del governo sulle motivazioni della scarcerazione e del rimpatrio in tempi record. "Piuttosto che lasciarlo libero decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente, per ragioni di sicurezza, con un volo apposito come accade in altri casi analoghi". Qui, Giorgia Meloni sposta tutto sul piano dello scontro politico con chi mira a sabotare le sue riforme: "Non sono ricattabile non mi faccio intimidire. È possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada". Come? "A testa alta e senza paura".

In realtà nel governo il nervosismo è altissimo, come l’irritazione con il procuratore Lo Voi. L’Associazione nazionale magistrati specifica che non si tratta di un avviso di garanzia ma solo della notifica dell’iscrizione tra gli indagati in seguito a un esposto. Insomma, un atto dovuto. Ma indagati, governo e maggioranza sono convinti che non sia così. L’iscrizione, anche in seguito alla circolare del 2017 del procuratore Giuseppe Pignatone sulle iscrizioni frettolose, non è un atto dovuto: Lo Voi – il ragionamento – avrebbe potuto aprire e chiudere il fascicolo. La sua è stata una decisione politica.

Il problema non è di natura giudiziaria, le accuse sono fragili, di mezzo c’è il tribunale dei ministri: la vicenda non dovrebbe diventare un nuovo caso Salvini. Il guaio è che un caso tanto dirompente – mai era successo che fossero indagati contemporaneamente premier, Guardasigilli, titolare dell’Interno e sottosegretario con delega ai servizi – vanifica la strategia del governo che mirava a silenziare lo scandalo della liberazione di Almasri derubricandolo a increscioso ma inaggirabile incidente procedurale. Tesi che Nordio e Piantedosi erano decisi a sostenere oggi in Parlamento prima della ’bomba’. Invece, dopo una riunione rapida del Consiglio dei ministri, gli indagati si riuniscono a Palazzo Chigi, discutono il da farsi e, sul dibattito, tagliano il nodo di Gordio. Niente informativa, se ne riparlerà ma chissà quando.

L’indicazione della premier è spostare tutto sul fronte dello scontro con la magistratura. I primi a rispondere all’appello sono i vicepremier Tajani e Salvini. "Sembra un ripicca per la riforma della giustizia", dice il leader di FI. Una "vergogna" rilancia il secondo. Gli stati maggiore dei partiti del centrodestra mitragliano decine di comunicati con la stessa tesi: è una vendetta della magistratura per la separazione delle carriere, che oggi viene incardinata al Senato. Di "giustizia ad orologeria", parla anche la figlia del Cavaliere, Barbara Berlusconi. Spicca la sobrietà dell’opposizione. Nel Pd la segreteria ordina di tacere: incaricata di parlare è Serracchiani che sottolinea le "evidenti responsabilità politiche". Schlein e Conte esortano la premier a presentarsi in Aula. Le polemiche montano solo per l’informativa saltata: "Un calcio alla democrazia". Perché? Forse nel vespaio di accordi con la Libia per fermare i migranti tutti hanno qualche scheletro nell’armadio se non giudiziario almeno politico.