Martedì 5 Novembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

La posizione dell’Italia. Tutti i partiti con Israele, ma senza mozione unitaria. Meloni: rischio emulazione

In Parlamento vengono approvate quattro risoluzioni, opposizioni in ordine sparso. La premier mette in guardia: "Intensificare anche qui la protezione degli ebrei". Il nodo resta quello dei finanziamenti alla Palestina, su cui si spacca anche l’Ue.

La posizione dell’Italia. Tutti i partiti con Israele, ma senza mozione unitaria. Meloni: rischio emulazione

La posizione dell’Italia. Tutti i partiti con Israele, ma senza mozione unitaria. Meloni: rischio emulazione

Si fa presto a dire: sostegno senza se e senza ma. Il ministro degli Esteri lo chiede esplicitamente a deputati e senatori: "Dal Parlamento arrivi un messaggio unitario su Israele". Con il suo discorso, Antonio Tajani si rivela un abile diplomatico, mantenendo un difficile equilibrio tra la nettezza con cui attribuisce a Hamas ogni responsabilità, con una proposta, quella di "due popoli e due Stati" che piace davvero anche ai pro-Palestina. Tutti sono d’accordo sulle sue parole, alla fine, però, passano 4 diverse risoluzioni alla Camera e 3 mozioni al Senato. Il gioco di voti incrociati permette al mondo politico di salvare la faccia, ma la richiesta di Giorgia Meloni ai suoi di mostrare la “massima compattezza“ cade nel vuoto. Alle cronache viene invece consegnato il segnale che la premier lancia visitando la sinagoga di Roma: "Nella caccia casa per casa ai civili c’è l’odio verso un intero popolo, qualcosa di più della lotta contro lo Stato di Israele. Dobbiamo intensificare la protezione dei cittadini di religione ebraica anche sul nostro territorio, perché il rischio di emulazione degli atti criminali di Hamas potrebbe arrivare da noi".

Bisogna dire che ci hanno provato sul serio, i partiti, ad arrivare a un documento bipartisan. A far saltare lo schema è la Lega che chiede di mettere tra le prime righe questo passaggio: "È fondamentale che non arrivino fondi a Hamas attraverso canali istituzionali, organizzazioni internazionali o privati, che vengano utilizzati per finanziare attacchi terroristici e incitare l’odio verso Israele". Sembra un impegno sul quale nessuno potrebbe avere da ridire. Chi mai infatti potrebbe voler finanziare i massacratori del 7 ottobre? Ma la formula vaga lascia aperte le porte per il taglio dei sostegni all’intera popolazione palestinese. Frase inaccettabile per M5s e Avs che, senza mai sposare soluzioni estreme, hanno sempre sostenuto le ragioni dei palestinesi: non stupisce infatti il forfait di entrambi i partiti alla fiaccolata nella Capitale a favore di Israele. Ma il passaggio è indigesto anche per il Pd, dove il quadro è più fluido: se il partito di D’Alema era inviso alla comunità ebraica perché considerato troppo favorevole alla causa palestinese, la situazione si era rovesciata nell’epoca Renzi, schierato sempre e comunque con Israele. La leadership Schlein è un’incognita, guardata con diffidenza dall’area più filo-israeliana, anche se Peppe Provenzano è netto: "L’attacco atroce e indiscriminato di Hamas va condannato con la massima fermezza".

Dall’altra parte del fronte, la destra italiana si è sempre schierata nettamente dalla parte di Tel Aviv; Meloni si conferma anche in questo erede di Giorgio Almirante, benché qualche problema potrebbe esserci nella base e nei corpi intermedi di FdI: l’ala rautiana del Msi è sempre stata filo-palestinese.

Guarda caso: il tema dei fondi è quello che l’altro ieri ha spaccato platealmente la Commissione europea. Con il commissario all’Allargamento, l’ungherese Oliver Varhelyi, esponente del partito nazionalista orbaniano Fidesz che annuncia il blocco di tutti i pagamenti dei fondi europei all’Autorità nazionale palestinese. L’Alto rappresentante Ue per la politica estera, il socialista Josep Borrell che corre ai ripari: nessuno stop, solo una revisione delle risorse da parte dell’Unione, che non tocca gli aiuti umanitari. Divisione replicata ieri nella commissione Esteri dell’Eurocamera con sovranisti e popolari che chiedono di punire in tutti i modi i palestinesi, e i progressisti che si oppongono.

Ovvio quindi che il testo italiano venga letto alla luce di questo braccio di ferro. Il "no" dell’opposizione è netto, tanto più che la Lega (e un pezzo di FdI) mira a inserire anche l’eterna fissazione dei migranti nel pacchetto lotta ad Hamas. Lia Quartapelle (Pd) non ha peli sulla lingua: "Non votiamo la linea di Varhelyi". Crollato il miraggio della risoluzione comune, si sfilano anche i centristi dell’ex Terzo polo per l’occasione riuniti: Renzi e Calenda presentano la loro mozione. Alla fine una soluzione rappezzata si trova: voto per parti separate. È uno degli espedienti più classici della politica italiana. Ha il pregio di evitare divisioni, il difetto di essere insignificante. Per il fronte interno, beninteso: nell’infuocato scacchiere del Medio Oriente certo non si parla di queste quisquilie. Benché Avs si astenga su tutti documenti, tranne quello controfirmato con Pd e M5s, grazie al gioco dei sì incrociati, almeno in parte il voto unitario c’è, tanto che il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, vede il bicchiere mezzo pieno: "C’è stata una convergenza trasversale". Chi si accontenta gode.