Lunedì 23 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Europa, Meloni vede il capo Ppe per blindare Fitto e la vicepresidenza

La premier riceve Weber, che incontra anche il commissario in pectore. Ma la delega di peso avrà un prezzo: lente su balneari, Mes e bilancio.

La premier Giorgia Meloni, 47 anni, ieri si è incontrata a Palazzo Chigi con il capogruppo del Partito popolare europeo Manfred Weber

La premier Giorgia Meloni, 47 anni, ieri si è incontrata a Palazzo Chigi con il capogruppo del Partito popolare europeo Manfred Weber

Bruxelles, 29 agosto 2024 – Una rete per Fitto. L’obiettivo per cui il vicepremier Antonio Tajani e il capo delegazione azzurro a Strasburgo, Fulvio Martusciello, avrebbero caldeggiato la visita di Manfred Weber alla premier ieri sarebbe proprio questo. Nulla di personale: il nome del ministro degli Affari europei, anzi, è gradito tanto alla presidente von der Leyen quanto al Ppe dalle cui fila l’ex forzista ed ex democristiano proviene. Il problema è la solita questione genere: mancano all’appello quattro commissarie donne, e la leader tedesca intende usare tutti i mezzi a disposizione per convincere alcuni stati a cambiare la loro indicazione. Senza sottovalutare qualche forma di impallinamento da parte del Parlamento. Insomma, l’ombrello del Ppe è, se non proprio indispensabile, certo utile.

E d’altra parte il feeling tra il capogruppo del Ppe e Meloni è noto: è la terza volta che il leader del più grande raggruppamento dell’Eurocamera varca il portone di Palazzo Chigi in meno di due anni. "Quando viene a Roma, passa sempre per un saluto", dicono nello staff della premier. Prima di entrare nello studio di Giorgia alle 15, Weber ha incontrato Fitto, che conosce bene: "Come sempre è stato un buon incontro", si limita a dire. Poi ha visto il leader Udc Cesa, prima di cenare con il regista dell’escursione romana, Antonio Tajani. Il vicepremier azzurro aveva in mente un ristorante al Ghetto, l’amico tedesco ha trovato la location troppo politicamente sbilanciata, e i due sono finiti nel peraltro lussuoso Circolo degli Esteri.

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Nel colloquio che si è protratto per un’ora e mezza, Meloni e Weber hanno affrontato parecchi temi: dall’immigrazione – proprio mentre la Germania ha annunciato una stretta sugli irregolari – alla competitività, passando per investimenti, industria e Green Deal, e hanno condiviso la necessità di una visione "meno ideologica" da parte della Commissione. Non che il caso Fitto sia del tutto estraneo a questi orizzonti: l’italiano dovrebbe ottenere la delega a Coesione e Pnrr, mentre quella del Bilancio è ipotecata dal premier polacco Tusk che mette in campo uno dei suoi più stretti collaboratore, Piotr Serafin. Il vero capitolo spinoso è la vicepresidenza esecutiva, cui Meloni non intende rinunciare. La presidente von der Leyen non ha ancora preso una decisione, è possibile però che abbandoni la prassi in base alla quale le vicepresidenze esecutive sono distribuite tra i gruppi di maggioranza, cioè tra quelli che hanno votato i top jobs europei, puntando invece su quelli più numericamente rappresentativi, saltandone uno: i Patrioti di Orban, Le Pen e Salvini tenuti nel lazzaretto dei sovranisti appestati. In questo caso per il commissario italiano si riaprirebbe una possibilità.

È evidente però che in ballo c’è molto più di una vicepresidenza: si tratta di verificare la possibilità di quel riavvicinamento tra popolari e conservatori al quale Weber mirava fin dall’inizio e che potrebbe riemergere ora, dopo la rottura siglata dal voto di FdI contro von der Leyen. Per questo i due ieri a Chigi hanno iniziato a verificare punto per punto le possibili convergenze tra Ppe e Ecr sui capitoli principali dell’agenda. La posta insomma è una cooptazione dei conservatori e della presidente italiana se non nella maggioranza almeno in un’area limitrofa e l’ulteriore allontanamento dagli ex fratelli sovranisti riuniti nei Patrioti. La delega pesante per Raffaele Fitto e forse la vicepresidenza esecutiva avranno un prezzo: l’Europa intende chiudere il tormentone delle concessioni balneari. Il governo potrebbe decidersi con una qualche forma di messa a gara già nel Cdm di domani o in quello successivo. Non è escluso poi che riemerga il boccone amaro della ratifica della riforma del Mes: i sei mesi necessari per un ripensamento italiano sul ’no’ sono passati, e la Ue non ha alcuna intenzione di bloccare la riforma per la mancata firma di un Paese. Infine la politica di bilancio: il Ppe si aspetta che l’Italia rassicuri Bruxelles e rassicurare Bruxelles implica rispondere picche a tutte o quasi le richieste della Lega in particolare sul capitolo pensioni. E proprio questo rischia di essere il tema più rovente nel vertice di maggioranza di domani mattina.