Nella città rossa, come ancora qualcuno la chiama, il centrosinistra ha il vento in poppa. Non a caso, il segretario Pd Enrico Letta, sotto le Due Torri ha montato i gazebo dell’imponente festa nazionale dell’Unità (nonostante il Covid), e si è fatto vedere più volte abbracciando – affettuosamente – il favorito, l’assessore dem alla Cultura Matteo Lepore, 41 anni.
Del resto, il favorito è in campo da un anno, studia da sindaco da dieci visto che ha fatto due mandati a Palazzo d’Accursio e ha battuto sul campo (le primarie) la sindaca di San Lazzaro di Italia Viva, Isabella Conti. Simbolicamente, per i bolognesi di fede Pd ortodossa, ha respinto l’avanzata renziana.
Il rivale, Fabio Battistini, 65 anni, non solo è partito svantaggiato (qui il Pd alle Regionali prese il 40%), ma si è pure dovuto arrangiare con una campagna lampo a causa di un estenuante tira e molla dei partiti del centrodestra. Lui, che rivendica il suo civismo di imprenditore cattolico, appoggiato da Lega, Fd’I, Forza Italia, Popolo della famiglia e la civica “Bologna ci piace“, per ora ha lanciato alcune proposte choc, come spostare il vanto di Lepore, il cinema più bello del mondo di Piazza Maggiore, e pure l’Università fuori dal centro.
Lepore, definito il predestinato del sindaco uscente Virginio Merola dai detrattori, nel corso della campagna elettorale ha fatto l’accordo con il Movimento 5 Stelle e la sinistra di Coalizione civica Coraggiosa Articolo 1, riuscendo nella magnifica impresa che compì forse solo Romano Prodi: mettere insieme (quasi) tutti. Una coalizione a sette teste che spazia dal Pd ai socialisti che corrono con Volt, alla sinistra-sinistra, Verdi, M5s, più la lista del sindaco e pure quella della Conti. Ma soprattutto uno dei pochi laboratori dell’alleanza giallo-rossa. Tra i dem c’è anche la Sardina Mattia Santori che cerca di dare un po’ di colore: si è ritirato in un eremo per la campagna elettorale, ma quando esce lancia idee come lo stadio del frisbee e un mega nascondino.
"È la coalizione più larga d’Italia", gongola Lepore in ogni comizio. Peccato – dice qualcuno – sia rimasto fuori un pezzo di Pd, quello di Base riformista. I ribelli che invece di votare Lepore scelsero Conti, sono stati esclusi dalla lista del partitone e qualche straccio vola ancora anche a Roma, sebbene Letta abbia tentato di ricucire (senza successo).
Per il resto, a parte la vicenda del capolista della civica di Lepore, Roberto Grandi, che ieri ha fatto un passo indietro (investì il nipote di Prodi e un cugino ha parlato di candidatura inopportuna, ndr), Lepore procede senza inciampi, prende caffè coi cittadini, va nelle periferie dello spaccio sfidando la destra sui suoi cavalli di battaglia e scommette sulla vittoria al primo turno. Ma la scarsità di colpi di scena, in un clima niente affatto da campagna elettorale stile regionali 2020 quando le Sardine riempirono piazza Maggiore, rischiano di rendere la partita sonnacchiosa. E lo spettro dell’astensione, con il “ponte“ del 3-4 ottobre (il 4 è la festa del patrono, San Petronio) potrebbe portare ancora meno persone al voto.
Il centrodestra sta provando a lanciare fuochi d’artificio coi leader nazionali che sbarcano in città. Ma la discesa in campo di Matteo Salvini (che in questa settimana marcherà il cartellino due volte sotto i portici) e di Giorgia Meloni serve più per affermare la leadership nel centrodestra che per arginare Lepore. Battistini, difatti, all’ultima incursione del leader leghista si è fatto di nebbia. E chissà se presenzierà domenica al comizio della leader di Fratelli d’Italia. Forza Italia, dalla sua, non essendo riuscita a far candidare il senatore azzurro Andrea Cangini come sindaco, punta al risultato minimo: rientrare a Palazzo d’Accursio.
Ma alle Comunali bolognesi non ci sono solo Lepore e Battistini. Otto in tutto i candidati, compreso il ‘No Vax’ Andrea Tosatto (Movimento 3 V), Luca Labanti (Movimento 24 agosto) e ben tre liste di sinistra-sinistra. Come da tradizione, non si sono messe d’accordo e così Rifondazione gioca alla Sinistra Unita con il Pci candidando un’ex grillina (Dora Palumbo), il Partito comunista dei lavoratori balla da solo con Federico Bacchiocchi (spuntato quasi a sorpresa) mentre Potere al popolo candida l’agguerrita Marta Collot, portavoce nazionale di Pap, che ha come capolista il famoso scrittore Valerio Evangelisti. C’è, infine, un terzo polo, con l’ex Pd, ex Fd’I, ex FI, Stefano Sermenghi, appoggiato anche da Italexit di Paragone.