Venerdì 26 Luglio 2024
GIORGIO LA MALFA
Politica

La Malfa su Ustica: "Ricordo quel giorno, noi ministri sotto choc pensammo al terrorismo"

L’ex leader Pri ricostruisce la prima riunione a Palazzo Chigi: “Dopo la strage Cossiga convocò un consiglio d’urgenza. Alla fine Formica parlò di cedimento strutturale dell’aereo”

Roma, 5 settembre 2023 – L’intervista con la quale Giuliano Amato ha clamorosamente rilanciato la tesi che sia stato un missile francese a centrare l’aereo dell’Itavia caduto nel cielo di Ustica la sera del 27 giugno 1980 mi ha riportato a quei giorni lontani. Ho cercato nella memoria quali furono in quei momenti le reazioni in seno al governo e se vi fu da subito l’idea che potesse trattarsi di un atto doloso.

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Giorgio La Malfa
Giorgio La Malfa

Presidente del Consiglio era allora Francesco Cossiga alla testa di un governo Dc-Psi-Pri entrato in carica il 5 aprile. Io ero ministro del Bilancio alla mia prima esperienza di governo. La situazione economica del Paese era difficilissima: con il prezzo del petrolio in aumento, la scala mobile rafforzata negoziata fra Lama e Agnelli nel 1976 provocava una rincorsa accelerata fra prezzi e salari. L’inflazione aveva superato il 20% e appariva fuori controllo.

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Ma la situazione economica era niente a confronto con la criminalità e la violenza politica che insanguinavano il Paese. Era un bollettino di guerra. In gennaio a Palermo la mafia aveva ucciso Piersanti Mattarella, a Milano le Brigate rosse avevano ucciso tre agenti di pubblica sicurezza, a Marghera un dirigente del petrolchimico, a Torino il sorvegliante di un impianto industriale. A febbraio le Brigate rosse uccidevano a Monza un dirigente industriale, a Roma Vittorio Bachelet, vice presidente del Consiglio superiore della magistratura. A marzo venivano trucidati a Salerno il procuratore della Repubblica Nicola Giacumbi, a Roma il magistrato Girolamo Minervini, a Milano il giudice Guido Galli. In aprile a Milano le Brigate rosse ferivano 4 persone in una sede della Dc. Il 28 maggio veniva assassinato Walter Tobagi. Il 23 giugno i Nar uccidevano a Roma il giudice Mario Amato.

Questo è il quadro nel quale il 27 giugno si apprende che un aereo Itavia è precipitato in mare vicino a Ustica. Ricordo bene il primo Consiglio dei ministri seguito alla tragedia. Il dubbio venne subito che potesse trattarsi di un altro episodio della guerra che insanguinava l’Italia. Fu il ministro dei Trasporti Rino Formica a riferire. Premesso che bisognava attendere i risultati delle indagini, disse che i tecnici propendevano per la tesi di un cedimento strutturale dell’aereo. Itavia versava in condizioni difficili e questo alimentava il sospetto di possibili carenze di manutenzione. Il ritrovamento quindici giorni dopo sui monti della Sila dei resti di un aereo militare libico non venne posto allora in connessione con Ustica.

In quei primi mesi la tesi del cedimento strutturale non venne messa in dubbio. Mi pare che solo alla fine dell’anno il presidente dell’Itavia avanzò l’ipotesi che l’aereo fosse stato abbattuto da un missile e solo nel 1982 una commissione di inchiesta avrebbe escluso il cedimento strutturale aprendo la discussione, non ancora conclusa, sulla natura dell’atto doloso che aveva causato la tragedia.

Posso comprendere il desiderio di Giuliano Amato di sollecitare la ricerca della verità cui hanno diritto i familiari delle vittime. Meno chiaro è se, nel riaprire oggi la discussione, egli abbia considerato il dilemma davanti a cui pone il governo: se da un lato esso non può lasciar cadere la tesi rilanciata con grande forza da Amato, dall’altro vi è il rischio che, avendo un Paese amico più volte negato di essere implicato, riaprire la questione significhi incrinare i rapporti già difficili con la Francia. L’impressione è che, avendo già abbastanza problemi per il domani, l’on. Meloni avrebbe preferito – o preferirebbe – non riaprire le ferite del passato.