Martedì 13 Agosto 2024
ROBERTA DELLA MAGGESA
Politica

La lettera di Toti: "Ora la poltrona è più peso che onore". Ma non si dimette

Il governatore della Liguria: "La legislatura è stata un reality show. Quattro anni di vita documentata, dal ristorante al colore della giacca...".

La lettera di Toti: "Ora la poltrona è più peso che onore". Ma non si dimette

La lettera di Toti: "Ora la poltrona è più peso che onore". Ma non si dimette

AMEGLIA (La Spezia)

Amarezza, certo. Disincanto, forse. Ma chi ha buttato gli occhi affannosamente su e giù, lungo quelle quattro pagine vergate a caratteri fitti, sperando di trovarci la parola dimissioni, ancora una volta ha dovuto ingoiare il rospo. Dalla lunga lettera che il governatore Giovanni Toti ha indirizzato nel tardo pomeriggio di ieri a Stefano Savi, l’avvocato che lo difende dall’accusa di corruzione nella maxi inchiesta che ha terremotato la Liguria, emerge semmai l’immagine di un politico scaltro, che, sia pure confinato all’angolo del ring, pensa di avere ancora in mano le chiavi di volta dell’incontro. Un incipit quasi affettuoso: "Caro avvocato, ti mando qualche riga e ti prego di dare visibilità a questi miei pensieri". E poi a seguire il primo gancio all’indirizzo della magistratura: "La legislatura cominciata con le elezioni del 2020, vinte, con ampio consenso, per la seconda volta, è stata di fatto un reality show, all’insaputa dei partecipanti". Il riferimento è chiaramente alla sensazione ex post di essere stato spiato dal buco della serratura: "Intercettazioni telefoniche, intercettazioni ambientali, telecamere negli uffici, pedinamenti. Nessuno è stato escluso. Quattro anni delle nostre vite documentate, dal tavolo del ristorante al colore della giacca. Da tutta questa enciclopedica opera di controllo emerge un’ipotesi di reato che ancora mi stupisce".

Stupito, appunto. Non certo ignaro della natura delle contestazioni che gli vengono mosse, che è il presupposto argomentativo sul quale il Tribunale del Riesame di Genova soltanto 24 ore prima aveva giustificato il rischio di reiterazione del reato, e dunque la necessità di tenerlo ai domiciliari. "Per tranquillizzare i giudici – esplicita Toti – vorrei essere chiaro: ho capito benissimo cosa mi viene addebitato. Per i magistrati sarebbe reato essermi interessato a una pratica, pure se regolare, perché interessava a un soggetto che ha versato soldi al nostro movimento politico, pure se regolarmente. Mi si perdoni, ma pur capendo non sono d’accordo". Ma quella di Toti non è una lettera di recriminazioni. Non solo, almeno. È la prospettiva sul futuro quella che interessa al fondatore di Noi moderati. Che vuol dire: che ne sarà di noi? "È chiaro – scrive – che oggi per me la poltrona di presidente è maggiormente un peso che un onore. Forse sarebbe stato più facile, fin da subito, sbattere la porta, con indignazione al solo sospetto mosso sul mio operato. Nella mia vita ho cambiato tante volte, non mi spaventa personalmente rinunciare a un ruolo a cui pure sono legato". E qui arriva il messaggio agli alleati – "Vedo come una liberazione oggi poter ridare la parola agli elettori perché sono certo che sapranno giudicare quello che è stato fatto" –, anche a quelli che, magari, hanno cominciato a mostrare i primi segni di tentennamento o che sono in procinto di farlo. E la chiosa: "Non vedo l’ora ma la presidenza di una Regione non è un bene personale. È un patrimonio collettivo. Nei prossimi giorni, con il permesso dei magistrati, tornerò a incontrarmi con gli amici del movimento politico e con gli alleati per parlare di futuro". E il primo della lista degli invitati è il vicepremier Matteo Salvini, alfiere del garantismo pro-Toti. L’istanza è già stata depositata.