Un’operazione – effettuata nel 2008 e per poco più di 300mila euro e che nel 2015 fruttò un milione e 360mila dollari – che fu la ’miccia’ del declino di Gianfranco Fini, ex presidente della Camera all’epoca alla guida di Alleanza Nazionale. È il caso Tulliani, o più noto come ’casa di Montecarlo’, che riemerge dalla polvere della storia politica italiana perché ieri il processo contro Fini, rimasto fermo per tre anni e poi ripartito, ha fatto segnare un colpo di scena, quindici anni dopo i fatti: per l’ex ’spina nel fianco’ di Silvio Berlusconi è arrivata la richiesta di otto anni di carcere con l’accusa di riciclaggio. Nove anni di carcere sono stati chiesti, invece, per la sua compagna, Elisabetta Tulliani, dieci per il fratello di quest’ultima, Giancarlo, cinque per il padre dei due, Sergio.
"Era scontato che la pubblica accusa chiedesse per me la condanna – ha commentato Fini – continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi". L’ex leader ieri in Aula è stato scagionato dalla sua compagna: "Ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo – ha raccontato Elisabetta Tulliani –, non gli ho mai detto la provenienza di quel denaro che ero convinta fosse di mio fratello. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita. Spero di avere dato con questa dichiarazione un elemento per arrivare alla verità".
La donna, dunque, ha scaricato il fratello per la prima volta dopo 15 anni, mentre l’Avvocatura dello Stato ha chiesto l’assoluzione per Gianfranco Fini; la parte civile si è invece associata alla Procura di Roma. La prossima udienza è fissata per il 18 aprile quando potrebbe arrivare la sentenza. "Questa vicenda ha fortemente provato Gianfranco Fini, soprattutto sul piano umano – ha sostenuto l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, difensore dell’ex presidente della Camera, nel suo intervento in aula a Roma – con estrema convinzione morale e onestà intellettuale chiediamo la sua assoluzione con formula piena".
La vicenda all’epoca fu un vero scandalo e riguardò la compravendita di un appartamento nel Principato di Monaco, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad An. Quella casa in Boulevard Princesse Charlotte 14, secondo i pm, fu acquistata da Giancarlo Tulliani con denaro proveniente dalla società di scommesse appartenente a Francesco Corallo, il re delle slot. In origine i pm avevano contestato i reati di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio ed evasione fiscale. Nella scorsa udienza, però, i giudici della quarta sezione del Tribunale di Roma avevano dichiarato la prescrizione per l’accusa di associazione a delinquere, essendo stata esclusa l’aggravante della transnazionalità.
Secondo le accuse, dunque, Tulliani avrebbe acquistato a un prezzo di favore l’appartamento di Montecarlo, che era stato donato ad An, pagandolo con soldi di Corallo attraverso due società offshore (Printemps e Timara) costituite ad hoc. Pagato circa 300mila euro, si diceva, l’immobile è stato poi rivenduto per 1 milione e 360 mila euro, creando dunque una plusvalenza di circa un milione, con denaro proveniente da Corallo e che dunque – sempre secondo i pm – sarebbe stato riciclato.