Mercoledì 13 Novembre 2024
GIUSI GALLOTTO *
Politica

L'attività di lobbying nel dopo-emergenza Coronavirus

Come cambia il lavoro dei lobbisti nella fase 2 e in vista della fase 3. Lo smart working e il rapporto “a distanza“ con la politica e i Palazzi. La maggiore trasparenza e la carta della tempestività. Gli obiettivi sempre più misurabili.

Giusi Gallotto

Giusi Gallotto

Siamo tutti in attesa di capire come andrà la fase 2 e come andranno le tappe successive. Certo è che nulla sarà come prima: l’emergenza sanitaria ha cambiato abitudini e schemi. La crisi economica ci impone nuove regole e approcci. Siamo chiamati a convivere con il rischio ancora per un tempo indefinito. Anche l’attività di lobbying, dunque, esce da questa fase di lockdown ritarata e modificata. Che cosa è cambiato e che cosa dovrà cambiare per adeguarsi al nuovo scenario?   Modalità operative interne. Come per tutti i settori questi due mesi hanno imposto nuove modalità operative interne. Lo smart working ha consentito di acquisire maggiore competenza e consapevolezza nella gestione da remoto di parte del nostro lavoro, quello di analisi, di monitoraggio legislativo, di drafting. La distanza fisica ha determinato uno sforzo di collaborazione e di condivisione tra team e persone e un utilizzo di strumenti digitali per favorire lo scambio tempestivo di informazioni e allineamento in progress. Chi fa lobbying non potrà prescindere nel prossimo futuro da questa evoluzione operativa. Sarà necessario, anzi, investire in piattaforme e mezzi che facilitino accesso e consultazione tra personale e clienti.   Interazione con i decisori e partecipazione ai processi decisionali. Gli incontri in galleria dei Presidenti o negli uffici istituzionali per rappresentare le istanze sono un ricordo ormai lontano. Abbiamo sperimentato il ricorso esclusivo a strumenti digitali, in un processo di partecipazione alle decisioni condotto a distanza. Non è stato scontato e automatico. Sono emersi i limiti di un sistema caratterizzato da una reciprocità ancora ridotta. Sarà necessario che istituzioni e politici si aprano ancora di più, di quanto fatto in questa prima fase (audizioni in videoconferenza), a nuove modalità di confronto continuative con i portatori di interesse. Lobbisti e decisori dovranno convergere su nuovi strumenti per sostituire gli incontri e favorire modalità alternative di dialogo e scambio tra istituzioni e imprese. La distanza fisica non deve trasformarsi in marginalizzazione.   Accesso alle informazioni e reciprocità. L’attività di intelligence e di confronto nella fase di definizione dei provvedimenti senza possibilità di incontri e con interazione a distanza impone uno sforzo nell’implementazione di procedure standardizzate e trasparenti. La fase di emergenza economica che durerà a lungo porterà necessariamente a consolidare un patto tra politica/istituzioni e interessi privati/corpi intermedi. La dialettica tra questi mondi costruttiva e propositiva sarà la prerogativa e la condizione per provvedimenti efficaci e decisioni consapevoli. Questo richiede uno sforzo, ora più che mai, di apertura e di condivisione. L’accesso alle informazioni ha sempre rappresentato un limite del nostro sistema istituzionale. Il post coronavirus sarà, in tal senso, un’opportunità per fare un passo avanti (senza burocratizzare i processi anzi semplificandoli) sul terreno della reciprocità e della collaborazione a parità di accesso informativo tra lobbisti e decisori.   Competenza e tempestività. L’emergenza ha consolidato e rafforzato quella che ormai è stata definita democrazia istantanea. La situazione attuale impone tempi rapidi e decisioni veloci. La capacità di risposta della politica non deve però trasformarsi in avventatezza. Alla tempestività va affiancata la competenza. I lobbisti dovranno approfondire dossier, studiare e saperne di più dei propri clienti e interlocutori. Vinceranno la competenza e l’immediatezza. Non ci sarà spazio per proposte velleitarie o per network da tartina. Dovranno essere capaci nell’individuazione del messaggio da veicolare ed efficaci nella condivisione dell’istanza. I decisori dovranno essere aperti ad accogliere suggerimenti e informazioni. Dovranno, anzi, maturare sempre di più la consapevolezza dell’importanza di un confronto continuativo e tempestivo tra le parti. I lobbisti non possono sostituirsi alla politica ma, in una fase di emergenza, potranno sicuramente rappresentare un supporto utile per una democrazia istantanea ma con processi decisionali consapevoli e veloci. Non sbrigativi e inefficaci.   Obiettivi misurabili. La crisi economica impone una ridefinizione di budget e una cautela negli investimenti. Ai lobbisti, che saranno necessari “misuratori della meteorologia legislativa”, si chiederà sempre di più un servizio “misurabile”, collegato al conseguimento di obiettivi di policy e di business. L’attività di monitoraggio e proattività è già da tempo inserita in un contesto più ampio che coinvolge anche i tempi e i processi di attuazione delle norme. Le società di lobbying saranno sempre più chiamate ad assumere un ruolo di decodificatori e risolutori di problematiche concrete. Le aziende investiranno su obiettivi chiari e professionalità.   Strategie di advocacy e digitale. Il lockdown ci ha imposto nuove modalità di costruzione del consenso. Il digitale è entrato nella quotidianità di tutti. Sono diverse le dinamiche cognitive e di influenza sociale. Nella definizione di strategie integrate di advocacy e comunicazione non si potrà non tener conto di questo cambiamento. Sarà necessario ridefinire la “messa in scena” complessiva, sia nei format sia nella costruzione di un corretto apparato simbolico. Il digitale rappresenterà un’opportunità e una necessità per processi di lobbying efficaci. 

* Ceo di Reti.