Martedì 17 Settembre 2024
MAURIZIO SACCONI
Politica

L’Italia dei veti e dei poteri occulti. Un “Deep State” contro il governo? I nuovi leader rompono gli schemi

La maggioranza non rappresenta il classico centrodestra ma una novità nel panorama europeo. Tuttavia le outsider Meloni e Schlein dovrebbero preferire la via della reciproca legittimazione democratica

Roma, 17 settembre 2024 – Esiste un “Deep State“ che non ama questo governo? Probabilmente sì perché non rappresenta il ritorno di un centrodestra già conosciuto e che ha concorso in passato a molte delle nomine in essere. Il gabinetto Meloni è per molta parte una novità assoluta e come tale rappresenta una incognita che in alcuni suscita diffidenza se non ostilità. La promessa poi di liberare la magistratura giudicante dal giogo delle correnti può avere determinato in settori di quella inquirente, che largamente le controllano, il desiderio di impedire la riforma dell’organo di autogoverno.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il suo recente intervento al forum Ambrosetti di Cernobbio
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il suo recente intervento al forum Ambrosetti di Cernobbio

Non dimentichiamo che l’abuso di potere è stato un vizio ricorrente in molti corpi dello Stato che si sono spesso “separati” dal loro alveo istituzionale. In fasi diverse, se ne sono lamentate sia la destra che la sinistra. L’anomalia italiana ha determinato frequenti deviazioni del normale corso democratico con il concorso di ambienti esterni motivati ieri dalla collocazione geopolitica di un Paese di confine e, dopo la caduta del Muro, dalla nostra combinazione di potenza economica e di fragilità istituzionale.

E l’imprenditorialità? Se si considerano i consensi elettorali nelle regioni del Nord, si direbbe che almeno quella delle medie e piccole imprese ha dato fiducia alla maggioranza in due riprese, convinta dal superamento del generoso reddito di cittadinanza. Ma non è un caso che il nuovo presidente di Confindustria, espressione proprio di queste realtà e dialogante con il governo, non sia stato in realtà sostenuto da alcuni ambienti del tradizionale “capitalismo relazionale”, sempre interessato alle scorciatoie per raggiungere i propri obiettivi, tra i quali l’acquisto a buon mercato di asset pubblici o l’accesso a generosi incentivi di Stato. Domani sarà interessante ascoltare la prima relazione pubblica di Emanuele Orsini con particolare riguardo alle rivendicazioni delle manifatture italiane nella nuova fase europea, per rivedere direttive e regolamenti che i suoi predecessori avevano accettato.

Insomma, vi è una fascia significativa del potere istituzionale ed economico che preferirebbe il ritorno a soluzioni politiche meno identitarie e più compromissorie in quanto, per definizione, più aperte al dialogo con i poteri “profondi”.

La domanda è: fino a che punto queste ostilità possono spingersi e quanto è solida la nostra democrazia rappresentativa? Certo è che in Europa i fenomeni di instabilità interessano in primo luogo Germania e Francia, ma nel loro caso si manifestano alla luce del sole e riflettono profonde e diffuse ragioni di difficoltà economica e di malessere sociale. La loro crisi è politica, ma la compensano, anzi, con la solidità e la lealtà dei loro poteri. Per ora. In Italia invece i fondamentali dell’economia sono migliori anche per la flessibile diversificazione dei nostri assetti produttivi e per la maggiore stabilita delle grandi banche. La stessa coesione sociale resiste nonostante i divari territoriali e la forbice dei redditi. Il recente voto europeo, a differenza degli altri maggiori partner, ha confermato la maggioranza politica.

Il nostro male è quindi oscuro perché non sale dalle falde della società e della economia ma si genera nella “superficie” dei poteri autoreferenziali. Pubblici e privati. Il problema è come sia possibile garantire la stabilità istituzionale e il primato della democrazia rappresentativa in questo contesto. Ovviamente non aiutano le facili invettive contro le élite e men che meno contro ignoti. La sindrome dell’assedio incoraggia solo il circolo vizioso che lo alimenta. Il nodo è tutto politico e può essere sciolto dalle due leader in quanto entrambe outsider , per storia personale estranee a quei poteri. Non si facciano attrarre dalle loro lusinghe, non cerchino scorciatoie per la conquista o la conservazione del potere, resistano alla tentazione di beneficiare dell’aggressione all’avversaria. Preferiscano la via sostenibile della reciproca legittimazione democratica.