Mercoledì 23 Aprile 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Italia I conti adesso tornano

Standard&Poor’s aumenta il rating . Il governo: un traguardo meritato. .

Standard&Poor’s aumenta il rating . Il governo: un traguardo meritato. .

Standard&Poor’s aumenta il rating . Il governo: un traguardo meritato. .

La soddisfazione per la promozione a pieni voti di Standard and Poor’s è assoluta e assolutamente giustificata. Anche se il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, evita di fare i fuochi d’artificio perché l’agenzia di rating ha alzato l’affidabilità creditizia dell’Italia a BBB+ da BBB: "Meritavamo il giudizio anche se non ce lo aspettavamo". Chi assicura di non essere sorpreso è il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta: "Me lo aspettavo". È significativo che non sia scalfito dal taglio delle previsioni di crescita imposto a Palazzo Chigi dalla crisi internazionale anche su indicazione della Banca centrale. "I conti pubblici sono stati gestiti con ragionevolezza, sono migliorate le condizioni del sistema bancario e, soprattutto, oggi siamo un creditore nei confronti dei Paesi esteri, quindi non solo non mi stupisce, ma potrebbe ancora migliorare la valutazione". Se la sobrietà è la cifra di entrambi, il truppone parlamentare della maggioranza e anche qualche generalissimo festeggiano più rumorosamente. Dichiara Matteo Salvini: "Ci dicono bravi in un momento complesso. Con la sinistra al governo avremmo i cortei per strada". Gli fa eco Antonio Tajani: "Con un esecutivo stabile, i conti italiani sono sempre più solidi". Chiosa il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, alter ego di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi: "È un successo che potrebbe facilitare l’attrazione di investimenti esteri in Italia e l’acquisto dei nostri titoli del debito pubblico".

L’opposizione appare spiazzata: parlano in pochi, e quei pochi sono costretti a cercare argomenti piuttosto peregrini per non celebrare un rialzo che arriva 4 anni dopo l’ultimo, ottenuto sotto il governo Draghi. Giuseppe Conte, per esempio, ci vede la prova provata della subalternità del governo ai poteri forti. "Avevamo capito da tempo che Meloni è la beniamina di tutti i poteri finanziari forti transnazionali". Più concreto l’appunto di Antonio Misiani (Pd): "La destra festeggia, ma la vita reale degli italiani è peggiorata". Non che abbia torto, ma il risanamento è stato considerato prioritario anche dal Pd.

La buona notizia allevia un po’ la tensione in materia di conti che agita il governo e non solo per gli effetti della guerra dei dazi. Altrettanto allarmante è il nodo del riarmo. Giorgetti, a Varsavia per un Ecofin informale convocato per discutere di dazi e difesa, conta di arrivare al 2% già concordato con la Nato "senza bisogno di scostamento di bilancio" o di richieste di elasticità rivolte all’Europa. Solo che quel 2 era sufficiente ieri, ma non lo è più oggi. Gli Usa chiedono di arrivare al 5%, orizzonte proibitivo per l’Italia e buona parte dei paesi europei. Gli americani si accontenterebbero del 3.5% ma anche quello è un traguardo irraggiungibile in tempi brevi. Il tema sarà tra i più centrali nei colloqui della premier con il presidente Trump giovedì 17 e con il vicepresidente Vance il 18.

Giorgetti, che assicura "non ci sarà una manovra correttiva", si muove con prudenza: "Per prendere decisioni su come finanziare l’aumento delle spese meglio attendere gli esiti del vertice Nato di giugno". Il riarmo è una mannaia non solo economica: la maggioranza in materia è spaccata, e se l’è sempre cavata aggirando il problema. In teoria il giochino non potrebbe arrivare oltre la fine del mese. Bruxelles aveva dato tempo fino al 30 aprile per l’attivazione delle deroghe al Patto di Stabilità per le spese militari. Ma ora allarga le maglie: "Aprile non è una scadenza", segnala il commissario all’Economia, Valdis Dombrovskis. Il nodo non arriverà al pettine subito, e l’Italia non dispera di giungere a una definizione del piano Readiness 2030 tanto vasta da poter essere accettata da Salvini e soprattutto tale da non dovere fare debito.

Sulle regole di bilancio Ue pesa anche il nodo dei dazi: Giorgetti torna sull’opportunità di far scattare la sospensione, dopo l’ennesimo ’no’ del falco lettone. "Con una disastrosa guerra commerciale si va verso la recessione e a quel punto mi sembra scontata l’attivazione dell’articolo 25" per lo stop al Patto. Resta da vedere se ci si debba proprio augurare l’apocalisse.