Venerdì 10 Gennaio 2025
Cosimo Rossi
Politica

Incontro Meloni-Trump a Parigi: dai dazi alla guerra in Ucraina. Cosa si sono detti

Bilaterale informale, confronto sui temi internazionali ed economici. La premier invitata alla cerimonia di insediamento alla Casa Bianca il 20 gennaio. I timori delle aziende del Made in Italy per la politica commerciale del tycoon

Roma, 8 dicembre 2024 – “Di sicuro c’è un certo clima di preoccupazione e risulta che da parte statunitense stiano aumentando gli ordini di prodotti italiani in diversi settori, a cominciare da quello agroalimentare”.

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Giorgia Meloni discute con Donald Trump durante la cena di gala in occasione della riapertura di Notre Dame

Più di questo non si riesce a carpire dalle più accreditate fonti di governo a proposito degli argomenti della “piacevole occasione di dialogo” vis à vis tra la premier Giorgia Meloni, il presidente eletto degli Stati uniti Donald Trump e l’onnipresente Elon Musk in occasione della cena di gala all’Eliseo per l’inaugurazione della ripristinata cattedrale di Notre-Dame.

Stando alle fonti di palazzo Chigi, la presidente del Consiglio rientra “soddisfatta” dalla trasferta tra l’Île de la Cité e l’Eliseo durante la quale ha potuto incontrare i due tycoon. Il rendez-vous basta di per sé a postare sulla sua pagina Facebook alcune foto dell’occasione che la premier non si è fatta scappare per lanciare il proprio ruolo di perno delle relazioni transatlantiche.

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La presidente del consiglio Giorgia Meloni ha postato sui social una foto con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Vista anche l’assenza di Ursula von der Leyen, a Montevideo per siglare il discusso accordo commerciale per calmierare dazi relativi all’import agroalimentare e l’export industriale coi Paesi del Mercosur, che non convince però Francia e Italia.

La trasferta parigina è stata decisa solo poche ore prima dell’inaugurazione di Notre-Dame. E l’incontro con Trump avrebbe ottenuto come riscontro l’invito alla cerimonia di insediamento del 20 gennaio. Presenza non di prassi né cercata da Meloni, il cui staff assicura adesso la partecipazione. Se non altro perché la presidente del Consiglio è colei che più di tutti può porsi come mediatrice tra Europa e Usa.

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Bocche cucite sui contenuti del confronto; anche se in ambienti di maggioranza si ipotizza che gli argomenti di discussione abbiano riguardato la politica internazionale, con ovvia attenzione per il conflitto russo-ucraino e le crisi mediorientali, e i rapporti commerciali e militari tra Italia, Europa e Usa.

Meloni non recede dalla posizione filo Ucraina di cui si è fregiata per accreditarsi a Bruxelles in “completa autonomia” rispetto al nuovo inquilino della Casa bianca. Tanto che dovrebbe dar presto via libera al decreto per autorizzare la fornitura di armi a Kiev per tutto il 2025. Né l’Italia può accondiscendere alle considerevoli richieste di spesa militare per la Nato avanzate da Trump.

Il nodo però sono i dazi sull’export prospettati dal presidente rieletto, che già nel suo primo mandato aveva colpito specialmente il settore agroalimentare e del cosiddetto made in Italy, ovvero del fashion, abbigliamento e pelletteria in particolare. “Nessuna preoccupazione reale, non essendoci ancora annunci ufficiali su cosa intenda davvero fare Trump”, dicono dai piani alti del governo dell’economia. Ma il clima di allarme, invece, è concreto. Nei giorni scorsi il Financial Times ha riferito che alcune aziende italiane dell’agroalimentare, a cominciare da caseifici e conserve, avrebbero aumentato le spedizioni e lo stoccaggio negli Usa. Prospettiva non di lunghissimo respiro, come rilevano alcuni addetti ai lavori, ma sintomatica. Di fronte allo spettro di nuovi dazi Usa sui prodotti europei, la soluzione cui lavora l’agroalimentare italiano è in particolare il lobbing per convincere la prossima amministrazione statunitense a desistere. A luglio infatti il consorzio del Parmigiano reggiano ha aperto un ufficio negli Usa. Sta di fatto comunque che il grosso dell’export italiano negli Usa è fatto di macchinari industriali, elettrici, mezzi di trasporto e chimica farmaceutica e non solo. Prodotti rispetto ai quali i dazi si ripercuoterebbero sui consumatori statunitensi.