Roma, 10 settembre 2024 – “Non c’è mai una ragione / perché un amore debba finire”. Cinquant’anni fa cantava così Riccardo Cocciante, eppure in questa storia d’amore che volge al termine fra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, un motivo per interrompere la liaison c’è, anzi, a ben guardare ce ne sono tre: il nome, il simbolo e la regola dei due mandati. Il ‘sopraelevato’ Grillo, così definito da Conte nei giorni scorsi, si appella all’articolo 12 comma a dello Statuto del Movimento, che gli riconosce il ruolo di “custode dei valori fondamentali dell’azione politica e in tale spirito esercita con imparzialità, indipendenza e autorevolezza le prerogative riconosciute dallo Statuto; ha il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle sue norme”.
E Grillo ha fatto capire a più riprese che medita un’azione legale per vedersi riconosciuta la proprietà del logo, oltre che per obbligare gli iscritti al rispetto dei due mandati. Quest’ultima limitazione, da sempre indigesta a molti parlamentari, che in essa vedono una sorta di limitazione alla propria carriera, potrebbe essere rimossa nella prossima assemblea costituente dei pentastellati, in programma il 4 ottobre, giorno in cui ricorre l’anniversario della fondazione del M5s.
Proprio l’ormai noto articolo 12 potrebbe essere la base dell’azione giuridica del comico, che vorrebbe ottenere la proprietà del simbolo, appellandosi al fatto che Conte avrebbe in qualche modo tradito i valori del Movimento, portandolo ad una nuova fase ormai diversa e non più in linea coi valori fondanti. Il post del 20 agosto del fondatore, dal titolo Il nostro Dna, alla luce di questa possibile azione legale assumerebbe dunque tutti i crismi di un ultimatum, col quale il comico chiedeva a tutti i membri del Movimento di salvaguardare il simbolo, il nome e la regola dei due mandati.
Ma secondo i contiani, altro non sarebbe che un consiglio, un parere tutt’altro che vincolante, anche in considerazione del fatto che lo stesso ruolo di Garante può essere modificato dall’assemblea con l’articolo 17, col quale Grillo potrebbe essere sfiduciato dal Comitato di garanzia, qualora questi deliberasse all’unanimità tale decisione; inoltre, stando a quanto dichiarato da Alfonso Colucci, coordinatore dell’area legale dei Cinquestelle, il suo ruolo “non avrebbe un peso giuridico ma solo di moral suasion", cioè un richiamo ad un comportamento moralmente e socialmente corretto.
A meno di un mese dall’assemblea, si fa dunque la conta dei contiani e dei grillini, e si cerca con difficoltà di individuare un elemento che sia super partes e possa lavorare per ridurre gli attriti e arrivare all’assemblea in un clima che sia più propositivo che distruttivo. L’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, dopo mesi di assenza dalla scena politica, è tornata a parlare per esprimere la sua posizione vicina al fondatore del M5s e da avvocata si è detta dispiaciuta della possibilità che si finisca in tribunale per la questione del logo e la sua attribuzione. Più neutrale sembrerebbe la posizione della deputata Chiara Appendino, vicepresidente del M5s, che definisce «fallimentare» una scissione, anche se aprendo alla possibilità di un terzo mandato, nei fatti si schiera con Conte.
Un finale comunque lontano dagli entusiasmi iniziali, che potrebbe ulteriormente inasprire gli animi interni ed essere mal digerito anche dagli elettori, conquistati negli scorsi anni soprattutto facendo leva sui temi della trasparenza e della legalità, da sempre cavalli di battaglia del Movimento nato 15 anni fa.