Eccolo, in Abruzzo, l’"effetto Marsilio". Il presidente di Regione, confermato per altri cinque anni, ha preso quasi 30 mila voti in più rispetto alle elezioni regionali del 2019, grazie al sostegno di Fratelli d’Italia (24,1 per cento), Forza Italia (13,44 per cento) e Lega (7,56 per cento), quest’ultimo unico partito della coalizione di destra-centro ad arretrare nettamente, come peraltro già avvenuto di recente in Sardegna (3,7 per cento). L’Abruzzo fa storia a sé, aveva sottolineato Marsilio, spiegando di non temere ripercussioni dopo il voto sardo, accompagnato con molta enfasi dai vertici del Campo largo, che per l’occasione stavolta è diventato Campo larghissimo. Molte le ambizioni. "Se vinciamo pure in Abruzzo è una spallata al governo", aveva detto Elly Schlein; "Qui si può scrivere una pagina nuova e colpire il governo", aveva aggiunto Giuseppe Conte. I primi a caricare di significato politico nazionale una competizione regionale sono stati dunque i dirigenti della coalizione demo-populista allargata, che si sono precipitati in Abruzzo in massa. Non solo Schlein, Conte, Carlo Calenda e gli altri, ma pure Pier Luigi Bersani e Alessandra Todde. Il centrosinistra sembra aver confuso la popolarità televisiva di Bersani o il risultato campolarghista di Todde in Sardegna per un modello esportabile e valido ovunque, e per ogni format, mediatico e politico. Non è così; il risultato sardo per ora è un unicum, visto che è la settima volta che Pd e M5s, insieme, perdono le elezioni regionali. Nel dettaglio, nel Campo largo c’è uno sconfitto nello sconfitto, ed è il partito di Conte: alle elezioni regionali del 2019 il M5S aveva preso il 19,74 per cento, stavolta il 7,01. "Ad uscire duramente provato sulla scheda è il simbolo del M5s", dice infatti Arturo Parisi a QN: "Di certo in Abruzzo, ma anche in Sardegna. In entrambi i casi il motore del campo è comunque indiscutibilmente il Pd".
L’alternativa di centrosinistra, "larga e aperta, ha dimostrato comunque di essere in campo", spiega a QN il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, che però è più cauto di altri sul futuro: "Per diventare un progetto politicamente più consistente necessita di un lavoro che deve continuare. Che valorizzi ciò che unisce, ma non nasconda ciò che divide (per esempio la politica estera, ndr) e che deve essere affrontato. Per essere credibili. La politica da un lato non è solo aritmetica e dall’altro non può essere solo ottimismo della volontà".
La vittoria di Marsilio rafforza Giorgia Meloni, che può tirare un sospiro di sollievo grazie a uno dei suoi dirigenti di punta. Ma, entrando nel dettaglio dei risultati della coalizione che regge Palazzo Chigi, rafforza anche Forza Italia, sopratutto in vista della competizione elettorale europea con la Lega. Il partito di Tajani ha aumentato i voti rispetto alle elezioni politiche del 2022 (11,1 per cento) e alle elezioni regionali del 2019 (9,05):
"Ho sempre detto che non c’è nessun cambiamento di vento... In Sardegna è stato commesso qualche errore, soprattutto nella tempistica, perché se si decide di cambiare un candidato forse bisogna farlo con largo anticipo, prima della campagna elettorale", ha detto ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani. In effetti, l’unico vento sembra essere cambiato a destra, a vantaggio di Forza Italia: "In Italia c’è bisogno di una forza come la nostra che dia tranquillità e allarghi i confini del centrodestra. C’è un grande spazio tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, e quello spazio che noi vogliamo occupare ed è quello che abbiamo cominciato a fare in Abruzzo", ha detto ancora Tajani. La "force tranquille", la forza tranquilla, diceva in Francia François Mitterrand.