Martedì 7 Gennaio 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Il vertice tra Meloni e Trump. Pressing per liberare Sala: "Pronti a lavorare insieme"

Il New York Times: "La premier ha spinto energicamente sul caso della cronista in Iran". L’Italia cerca un ruolo da protagonista. E per SpaceX di Musk arriva una maxi commessa.

L’incontro tra Donald Trump, 78 anni, e Giorgia Meloni, 47 anni, nella residenza del presidente eletto Usa a Mar-a-Lago, in Florida

L’incontro tra Donald Trump, 78 anni, e Giorgia Meloni, 47 anni, nella residenza del presidente eletto Usa a Mar-a-Lago, in Florida

Missione compiuta. Almeno per quanto riguarda i rapporti tra Roma e la nuova Washington. Sul caso Sala la partita è in corso, ma gli umori nel giro di Giorgia Meloni erano tutt’altro che negativi. Dossier importantissimo, ma in ballo c’era anche altro: fare dell’Italia il referente privilegiato della Casa Bianca negli Usa. La premier torna dal blitz a Mar-a-Lago nella capitale soddisfatta: quest’obiettivo è stato centrato. "Il nostro Paese è l’asset centrale in Europa per gli Usa", sottolinea il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli (FdI). In parte era così anche con l’amministrazione Biden, ma l’affinità tra il presidente repubblicano e la leader conservatrice può rinsaldare quella relazione. A cementarla, c’è Elon Musk: guarda caso, scrive Bloomberg, l’Italia si appresta a fornire a SpaceX, una delle aziende del multimiliardario, un contratto di 5 anni per la fornitura al governo di servizi di telecomunicazione sicuri (operazione da di 1,5 miliardi di euro).

C’è da dire che – malgrado i boatos della vigilia – l’incontro è stato deciso direttamente dai due protagonisti senza l’intermediazione di Musk. Una cena e dopocena (la visione di un documentario sui ricorsi del voto del 2020) erano privati: fino all’insediamento del 20 gennaio, Donald Trump non può muoversi ufficialmente come presidente americano. Ma ad accogliere Giorgia c’era l’intera squadra che si occuperà di politica estera. Il futuro segretario di Stato Marco Rubio il prossimo segretario al Tesoro, Scott Bessent, il prossimo consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz e il nuovo ambasciatore Usa in Italia, Tilman Fertitta.

Sui social lo stringato commento della premier: "Una bella serata con Trump che ringrazio per l’accoglienza. Pronti a lavorare insieme". Qualcosa di più concede proprio il suo ospite, che fa filtrare l’apprezzamento per "un’ottima alleata, una donna fantastica", che "ha davvero conquistato l’Europa e tutti gli altri". Sono i media americani a confermare che si è parlato di Cecilia Sala: "Meloni ha spinto insistentemente – scrive il New York Times – sulla vicenda della giornalista italiana detenuta in Iran". Che si intreccia con quella dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini Najafabadi, detenuto a Milano. Eccome se l’ha fatto: si è giocata il tutto per tutto: "È una cittadina italiana, un pezzo di Nazione: la vogliamo riportare a casa". Ha fatto capire di essere disposta anche a sbarrare la strada alla richiesta di estradizione di Abedini per liberarla. Di qui la necessità di parlare con Trump: per fargli capire che, in quel caso, non si tratterebbe di uno sgarbo agli Usa, ma di una necessità. "Il presidente è un uomo pragmatico: sa di che cosa parla la premier", assicurano nella maggioranza.

Cecilia Sala a parte, nel faccia a faccia si è discusso dei temi caldi sul tappeto: dai dazi alla Nato, dall’Ucraina al gas. Per la premier, l’importante è garantirsi un atteggiamento non solo non ostile ma decisamente amichevole da parte degli Usa su tutti i dossier. Oltre a cercare di spingere l’interlocutore a scoprire le carte, chiedendo esplicitamente come pensa di porre fine alla guerra in Ucraina secondo l’impegno assunto in campagna elettorale.

In cima all’agenda c’era il caso Sala, ma importantissimo per l’inquilina di Palazzo Chigi impostare subito il rapporto che intende costruire con la nuova amministrazione. Eloquente la decisione di non partecipare all’investitura, bruciando comunque i tempi incontrando The Donald nell’ultimo scorcio prima del ritorno alla Casa Bianca: la leader di un Paese del G7 – spiegano i suoi – non può andare a fare la comprimaria. Peraltro, quella del 20 gennaio sarà la saga del sovranismo su entrambe le sponde dell’Atlantico e Giorgia non poteva esserci perché avrebbe smentito la linea che ha seguito negli ultimi due anni. Affermarsi cioè come leader di destra conservatrice ma distinta dalle frange più radicali in Europa. Allo stesso tempo, non voleva essere confusa con il gruppone dei capi di governo Ue distanti dalla nuova Casa Bianca. Da questo punto di vista la missione è compiuta. Il 9 gennaio nella conferenza stampa di inizio anno potrà rivendicare il merito di aver già fatto il possibile per ottenere la liberazione dell’ostaggio. Subito dopo incontrerà Joe Biden, presidente a cui deve molto, e pure con lui parlerà di Cecilia Sala. Certo: il successo del blitz a Mar-a-Lago servirà a poco senza un esito positivo e rapido del caso. La reputazione e l’autorevolezza della premier dipenderanno in larga misura da quello.