di Elena G. Polidori
Ai materassi. Niente di più calzante della frase del Padrino per descrivere l’ora della guerra più feroce che sta vivendo in queste ore il M5s. Grillo e Conte se le danno di santa ragione, via pec, in uno sciabolar di penne che dà il senso della battaglia finale, quella da cui il Movimento uscirà diverso. E mentre infuria la battaglia, si alzano in volo le colombe per chiedere all’ex presidente della Camera, Roberto Fico, di fare da mediatore, con successo incerto, tuttavia, se quello che trapela è che l’assemblea costituente prevista ad ottobre slitterà almeno alla prima settimana di novembre. Una Costituente che nelle intenzioni del leader potrebbe portare al cambio di rotta su nome, simbolo e regola dei due mandati e che invece, nell’analisi di Grillo, sarebbe solo "una farsa per farlo fuori" e consentire a Conte di farsi "un partito tutto suo".
Nella giornata di lunedì, Grillo aveva fatto filtrare il suo disappunto per la replica di Conte, ieri il suo desiderio di sfidare l’ex premier a rendere pubblici i contenuti della lettera. Per replicare, poi, punto su punto. Toni ultimativi da parte del presidente dei 5 stelle che – in sostanza – chiede a Grillo di farsi da parte, pena il recesso dei contratti che il Garante mantiene con il partito. E lui che risponde piccato: "Se metti in discussione i principi, sarò costretto ad intervenire". Ai materassi, si diceva. Con Conte che scrive: "Nessuna preclusione può essere imposta al potere deliberativo dell’assemblea – si legge – né tanto meno il tuo potere di veto, come pure scrivi, può estendersi genericamente anche a ‘ulteriori temi che dovessero emergere e/o risultare all’esito della consultazione tra gli iscritti".
Nessun paletto alla discussione in corso nel "processo costituente" del M5s, dunque, ma accuse a Grillo di "gravi inesattezze ed evidenti distorsioni sul ruolo e sui poteri del Garante". E lui – il Garante – che risponde, a stretto giro: "Non è possibile né aprire un confronto deliberativo né deliberare o mettere in discussione tra gli iscritti i principi fondativi del M5s", ovvero nome, simbolo e regola del doppio mandato; nessuna consultazione tra gli iscritti potrà avere ad oggetto eventuali modifiche del nome del MoVimento 5 Stelle, delle modifiche o dell’uso del simbolo e della regola dei due mandati".
Ma non è tutto. Secondo Grillo non vi è spazio per una discussione nemmeno su "quegli ulteriori temi che dovessero risultare anche all’esito della consultazione tra gli iscritti in netto contrasto con i principi fondativi del M5s, come ideato e fondato da me e Gianroberto Casaleggio". Se ciò dovesse avvenire "sarò costretto ad esercitare tutti i miei poteri e prerogative per impedire che i nostri valori e principi vengano stravolti e snaturati".
Come finirà? Il botta e risposta non promette nulla di buono al punto che ieri Elly Schlein commentava preoccupata per la futura tenuta di un M5s a rischio scissione ("Non mi vedrete mai gioire per le difficoltà di un alleato") mentre Maurizio Gasparri, presidente dei senatori azzurri riassumeva la tenzone, con evidente sarcasmo: "Finisce con uno scontro tribale la vicenda dei grillini. Grillo urla e dice: "Il padrone sono io". Conte dice: "No, veramente sarei io". E poi alla fine, il movimento del Vaffa-day che doveva aprire come una scatoletta di tonno qualsiasi assemblea democratica finisce con Grillo che vuole 300mila euro all’anno per non si sa quali consulenze e Conte che dice: "I soldi non te li do più". Una storia penosa.