«DIECI sfigati che non avevano nessun partito a proteggerli». Così, ieri, sulla sua pagina Facebook, il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio (M5S) ha definito i dieci ex deputati condannati in via definitiva per «reati di particolare gravità oltre i due anni» cui è stato comminata, dall’ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati, una nuova pena. Pena «accessoria» e onerosa: la sospensione del vitalizio. «Dieci sfigati» perché - sostiene sempre il Di Maio - «su 1543 ex deputati che stanno percependo ingiustamente un vitalizio solo dieci avranno il vitalizio sospeso mentre tanti altri sono salvi», conclude il novello Robespierre. L’Antipolitica imperante questo vuole: sangue e ancora sangue. Proprio come le tricoteuses che, sferruzzavano e si godevano lo spettacolo sotto la ghigliottina della Rivoluzione, mai paghe di teste tagliate e rotolanti. La reazione della «gggente», dei talk show e persino dei partiti, ormai, è la stessa. Come in Usa, quando c’è da tagliare i «rami secchi», i «cacciatori di teste» non guardano in faccia nessuno. Solo che qui, non di moderni manager si parla, ma di politici e commentatori simili ai ben più feroci Tughs, gli strangolatori bengalesi devoti alla dea Kalì di salgariana memoria. Il fatto curioso - e assai meno noto - è che l’Antipolitica non è una novità, nella storia d’Italia. Esiste, per dire, da ben prima che Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo pubblicassero «La Casta». Giovanni Giolitti, premier liberale che pure portò, per la prima volta, il movimento operaio al governo, veniva bollato, da Gaetano Salvemini, come «ministro della Malavita». Benito Mussolini, già nei primi anni Venti, tuonava contro i “faniguttùn” (mangiapane a tradimento, in milanese) «di Roma» e di un sistema parlamentare «ormai putrido». Guglielmo Giannini fondò «L’Uomo Qualunque» ricevendo messe di consensi che, sia pur effimeri, fecero tremare l’intera classe politica. E i Radicali di Marco Pannella, negli anni Settanta, tuonavano contro la «partitocrazia» Dc-Pci. Insomma, l’Antipolitica, il Populismo e il Qualunquismo stanno dentro la costituency del nostro Paese sin dalle origini della sua (fragile, fragilissima) democrazia, liberale e di massa. «Ma», per Di Maio-Robespierre, «basterebbe una maggioranza assoluta a Cinque Stelle per votare la fine totale dei vitalizi». Già. Maggioranze «assolute» e «partiti unici», tuttavia, non portano mai bene ai popoli che li subiscono né ai dittatori e/o leader che le instaurano.
di Ettore Maria Colombo