Senatore Claudio Durigon, come sottosegretario al Lavoro della Lega ritiene che la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) varata mercoledì dal governo sia sufficiente a intervenire sul crescente divario tra il caro vita e salari e pensioni?
"La priorità che ci siamo dati con la Nadef è di intervenire sui salari troppo poveri rispetto alle crescenti difficoltà generate dall’inflazione. Con la conferma del taglio al cuneo fiscale anche per il prossimo anno facciamo un intervento importante per oltre 10 miliardi. Posso capire la richiesta di renderlo strutturale. Ma il bilancio ha curve pesanti e stiamo soffrendo anche per i vincoli europei. L’importante è che questa misura venga confermata per dare forza ai salari più poveri".
Anche per il lavoro precario?
"Per tutti i redditi fino a 35mila euro l’anno, anche precari, attraverso il taglio dell’imponibile Inps".
Le pensioni minime, invece, riuscirete a portarle a 700 euro?
"Non mi sento di dire che potremo arrivare a 700 euro. Stiamo lavorando e non sappiamo a che cifra arriveremo. Allo stesso tempo la Nadef ci dà la possibilità di lavorare anche sulle modalità di uscita, con quota 103 e l’Ape sociale. Insieme occorre dare fiducia ai giovani anche nella previdenza complementare".
Il governo pone la famiglia al centro della propria iniziativa, intanto però anche Opzione donna è a rischio?
"Abbiamo messo in campo molte azioni. Come rinnovare e ampliare queste possibilità è quello che stiamo studiando. Oggettivamente esiste un grande problema per le donne, che a 62 anni hanno una media di 28 anni di contributi versati, in conseguenza di periodi di lavoro in nero. Dobbiamo quindi capire come intervenire per dare risposta più ampia, con una formula adeguata che offra alle donne opzioni diverse rispetto al raggiungimento dei 67 anni".
I 3 miliardi per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego saranno destinati tutti alla sanità?
"Sono troppi anni che si aspetta questo rinnovo. Dopo il grande lavoro messo in campo durante l’emergenza Covid, sarebbe una mancanza troppo grande non concluderlo. E abbiamo messo risorse in questa direzione. Consideriamo che questo governo è il primo ad aver siglato un rinnovo del contratto della scuola con tutti i sindacati. Ma occorre mettere in campo anche un intervento per il rinnovo dei contratti del settore privato. Non ci possiamo permettere contratti che attendono il rinnovo da 8 anni".
In che modo pensate di intervenire?
"Anche attraverso l’intervento normativo. Quando si arriva a otto anni di mancanza di rinnovo contrattuale, questo si ripercuote su tutti i salari. In Italia c’è stata una grave decrescita salariale negli ultimi 30 anni. Stiamo perciò approntando delle norme per favorire la stessa contrattazione".
Che tipo di norme?
"Ad esempio attraverso una defiscalizzazione, un intervento volto a dar risposte per favorire la contrattazione. Io, per me, sarei anche più drastico: o si rinnova il contratto o si applica l’inflazione".
In considerazione di ciò, non avrebbe senso un intervento normativo per il salario minimo?
"Il salario minimo è una grande sciocchezza. Bisogna pensare a tutte le categorie e situazioni, anche ai salari mediani, che sono in grande sofferenza da vent’anni. Il salario minimo spingerebbe al ribasso. Meglio un salario stabilito dalla contrattazione che per legge. Raccontano che in quasi tutti gli altri Paesi c’è il salario minimo. Ma in quei Paesi non c’è la contrattazione collettiva che abbiamo qui in Italia, dove copre il 94%, rispetto all’80% al di sotto del quale l’Europa prevede l’introduzione del salario. Occorre dar forza alla contrattazione in modo che guadagni aumenti salariali".