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Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, 71 anni, è un sostenitore del ritorno al nucleare
L’Italia torna al nucleare. Non sarà più quello delle vecchie centrali chiuse per effetto dell’esito del referendum post-Chernobyl. E, anzi, la frattura con quel modello dovrà essere evidente. Ma il nostro Paese arriverà, verosimilmente a partire dal 2030, a produrre energia attraverso i reattori nucleari di nuova generazione: è il "nuovo nucleare sostenibile". È questo l’obiettivo del disegno di legge delega che il governo ha approvato ieri con il via libera, almeno su questo convintamente "entusiasta", di tutti e tre i leader della maggioranza. "È un provvedimento – spiega Giorgia Meloni – per garantire energia sicura, pulita, a basso costo, capace di assicurare sicurezza energetica e indipendenza strategica all’Italia. Parlo ovviamente dell’energia nucleare sulla quale ora chiediamo al Parlamento di esprimersi".
Di giornata storica, a sua volta, parla Antonio Tajani, mentre Matteo Salvini sostiene che si tratta di una battaglia della Lega da sempre. La legge delega punta a disciplinare la produzione di energia attraverso i nuovi moduli, lo smantellamento delle vecchie centrali, la gestione di rifiuti e combustibile esaurito, ricerca e sviluppo su energia da fusione, riorganizzazione di competenze e funzioni. Tutti gli aspetti citati dovranno essere considerati all’interno del Programma nazionale "finalizzato – si legge nell’articolo-chiave del disegno di legge – allo sviluppo della produzione di energia da fonte nucleare che concorra alla strategia nazionale per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica al 2050, a garantire al Paese la sicurezza e l’indipendenza energetica, a prevenire i rischi di interruzione della fornitura di energia e a contenere i costi per i clienti finali domestici e non domestici".
Secondo le ipotesi di scenario inserite del Pniec, un mix equilibrato di rinnovabili, nucleare e gas può consentire di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, in particolare con una quota ottimale di produzione da fonte nucleare che copre tra l’11% e il 22% della richiesta di energia elettrica. Siamo, però, solo all’inizio del processo di ritorno al nucleare. Una volta incassata l’approvazione del Parlamento (e c’è da immaginare che non sarà un passaggio agevole), il governo avrà dodici mesi per dare il semaforo verde ai decreti attuativi. In termini operativi, la stima – fa sapere il ministro Gilberto Pichetto Fratin – "è quella che ho dalla piattaforma Nucleare sostenibile, ma anche dagli elementi che provengono dai vari centri di ricerca: gli analisti prevedono i reattori di nuova generazione verso il 2030". Il riferimento è alle nuove tecnologie nucleari: dagli SMR (Small Modular Reactor) agli AMR (Advanced Modular Reactor), dai microreattori all’energia da fusione. A scorrere il testo del provvedimento e la relazione illustrativa, si possono individuare quattro scelte strategiche che ispirano il programma di ritorno al nucleare. La prima è assicurare una cesura netta rispetto agli impianti nucleari del passato, che, nella proposta, sono espressamente destinati alla dismissione definitiva, salva la eventuale riconversione dei relativi siti. L’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, incluse le tecnologie modulari e avanzate, rappresenta, infatti, una completa rottura con le esperienze nucleari precedenti, in particolare con gli ex impianti nucleari installati in Italia (tutti di cosiddetta "prima" o "seconda generazione"), i quali appartengono a un passato tecnologico ormai superato.
La seconda scelta fondamentale è la predisposizione di una disciplina organica dell’intero ciclo di vita dell’energia nucleare: dalla eventuale fase di sperimentazione e progettazione, all’autorizzazione degli impianti, al loro esercizio, fino alla gestione, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento degli impianti. La terza scelta fondamentale è che sia realizzato un coordinamento e un dialogo costante con i gestori delle reti elettriche, onde assicurare stabilità e bilanciamento del sistema energetico. La quarta scelta è che i promotori dei progetti nucleari forniscano adeguate garanzie finanziarie e giuridiche per coprire i costi di costruzione, gestione e smantellamento degli impianti e per i rischi, anche a loro non direttamente imputabili, derivanti dall’attività nucleare. In questo quadro si inserisce la creazione della nuova Newco tra Ansaldo nucleare, Enel e Leonardo.