Giovedì 12 Dicembre 2024
COSIMO ROSSI
Politica

Il premierato secondo Meloni: "Così i cittadini sceglieranno da chi vogliono farsi governare"

La premier presenta la riforma costituzionale in cinque punti votata in Consiglio dei Ministri "In 75 anni di vita repubblicana 68 governi, è ora di cambiare". Schlein, Pd: "Norma pericolosa" .

Il premierato secondo Meloni: "Così i cittadini sceglieranno da chi vogliono farsi governare"

Il premierato secondo Meloni: "Così i cittadini sceglieranno da chi vogliono farsi governare"

Una riforma costituzionale sul premier eletto direttamente accompagnata da una legge elettorale per dargli il 55% della maggioranza parlamentare. Questo il combinato disposto varato ieri dal Consiglio dei ministri per transitare dalla mai compiuta Seconda Repubblica alla Terza, sebbene la riforma elettorale sia ancora tutta da scrivere.

"La madre di tutte le riforme", come la presenta ai giornalisti Giorgia Meloni, muove nelle intenzioni della maggioranza di governo da due obiettivi.

In primo luogo: "Il diritto dei cittadini a decidere da chi farsi governare, mettendo fine a ribaltoni, giochi di Palazzo e governi tecnici", dice la premier con evidente riferimento al passato prossimo. In secondo luogo: che "chi è stato scelto dal popolo" possa governare con "stabilità". Rivendicando di non voler agire in base alle contingenze, Meloni argomenta la ratio della modifica costituzionale appunto a partire dal bisogno di stabilità che ha sempre dominato il dibattito sulle riforme. In 75 anni di vita repubblicana "abbiamo avuto 68 governi con una vita media di un anno e mezzo", calcola la premier. Che, guardando agli ultimi 20 anni con 12 presidenti del consiglio e gli scarsi successi di Pil, mette a confronto il rapporto tra stabilità e crescita in altri Paesi come Francia e Germania. "Quando i governi vanno a casa dopo un anno e mezzo c’è una debolezza", rileva dunque Meloni. Eppure non è lontana la XIV legislatura (2001-2006) di Berlusconi. Mentre negli anni ‘50-‘60 del boom economico i maggiorenti Dc si avvicendavano spesso a Palazzo Chigi.

Siccome però la governabilità è un’esigenza indubbia, secondo Meloni proprio in forza della propria solidità oggi la maggioranza ha la "responsabilità di cogliere questa occasione per lasciare" al Paese una soluzione ai "propri problemi strutturali". Fermo restando che l’ultima parola spetta al Parlamento. E, nel caso in cui la riforma passasse a maggioranza semplice, ai cittadini chiamati al referendum confermativo: che la premier conta di vincere a mani basse precisamente sull’onda dell’elezione diretta. Sta alla ministra delle riforme Elisabetta Casellati illustrare il progetto in 5 punti che, innanzitutto "preserva i poteri del Presidente della Repubblica che resta e deve restare figura chiave dell’unità nazionale". Primo: "Introduce un meccanismo di legittimazione democratica diretta del presidente del Consiglio dei ministri, eletto a suffragio universale con apposita votazione popolare che si svolge contestualmente alle elezioni per le Camere". Secondo: "Fissa in cinque anni la durata dell’incarico" al fine di garantire "la stabilità del governo". Terzo: con la cosiddetta norma anti-ribaltone si stabilisce che il premier "possa essere sostituito solo da un parlamentare della maggioranza e solo al fine di proseguire nell’attuazione del medesimo programma". Quarto: si affida alla legge la determinazione di un sistema elettorale con un premio assegnato su base nazionale che attribuisca al partito o alla coalizione collegati al premier il 55% dei seggi. Quinto: vengono eliminati i senatori a vita nominati dal Capo dello Stato, con quella che maliziosamente in Transatlantico chiamano già "norma anti-Monti", con riferimento a quanto il presidente Giorgio Napolitano nominò il professore per succedere a Berlusconi nella crisi dello spread.

Per il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani quella sul premierato "è una battaglia storica" per "la stabilità e la governabilità" che "rafforzerà la posizione dell’Italia nel contesto internazionale e sui mercati". Fa buon viso che "non ci saranno più ribaltoni" anche il vicepremier leghista Matteo Salvini, sebbene il Carroccio preferisca ancora il Cancellierato. E se il presidente dell’Anci Antonio Decaro evidenzia l’assenza del limite dei due mandati, chiedendo di toglierlo anche ai sindaci, la segretaria del Pd Elly Schlein contesta una "riforma pasticciata e pericolosa" che "limita le prerogative del Presidente della Repubblica e smantella la forma parlamentare".