Roma, 7 febbraio 2024 – Le toppe non coprono il buco. Ovvero: le correzioni apportate dalla maggioranza al primo testo sul premierato non cambiano il nocciolo del problema. Ne è convinta la costituzionalista Carla Bassu, docente di Diritto pubblico comparato all’Università di Sassari. "Siamo di fronte a un sistema pasticciato che non garantisce la stabilità né conferisce agli italiani un reale potere di scelta del capo del governo".
Ma come? Non erano questi i due obiettivi delle riforma presentata dalla ministra Elisabetta Casellati?
"Certo, ma l’elezione diretta del capo dell’Esecutivo promuove stabilità solo nelle società che hanno sistemi solidamente bipolari o bipartitici come accade in Gran Bretagna. In uno scenario polarizzato come il nostro è un elemento divisivo, che alimenta e non quieta la conflittualità".
Sulla carta concede agli elettori la possibilità di scegliere chi vogliono a Palazzo Chigi.
"Sì, poi però si prevede che nel caso di dimissioni volontarie il premier eletto possa essere sostituito da un secondo premier: questo rappresenta un annichilimento della volontà popolare".
Perché?
"Intanto il successore che viene scelto dai partiti potrebbe non godere dello stesso favore popolare. Non solo: finisce per essere una figura più forte del predecessore".
In che senso?
"Il premier eletto può essere sfiduciato con una mozione, il secondo ha un margine di azione più ampio, perché non è prevista una sostituzione ulteriore".
Il nodo principale era la norma anti-ribaltone: le pare che sia stato risolto?
"Assolutamente no. Non è stato regolamentato un caso rilevante: la questione di fiducia posta dal premier su un singolo provvedimento. Se questa non passa, nei fatti non gode più della fiducia del Parlamento. Le dimissioni non sono volontarie, come c’è scritto negli emendamenti presentati lunedì scorso dalla ministra Casellati. È un aspetto delicato, che va chiarito con una norma se si vuole spazzare l’ambiguità".
La norma prevede che dopo l’elezione diretta il governo debba chiedere la fiducia del Parlamento. La formula garantisce il ruolo delle Camere?
"È una formula insensata: se un soggetto istituzionale è legittimato dal popolo, quello deve essere sufficiente. Non mi spiego la necessità di una ulteriore legittimazione".
Gli emendamenti aumentano i poteri del presidente della Repubblica, che non solo nomina ma revoca pure i ministri su proposta del premier.
"Il centrodestra ha accolto una delle osservazioni che sono state fatte durante le audizioni: è positivo, ma la mia impressione è l’abbiano fatto per dare un contentino".
Pensa che la figura del capo dello Stato venga comunque ridimensionata?
"Sì, viene ridimensionato nel suo ruolo di garanzia, che si è dimostrato prezioso nei momenti di crisi. Di fronte a un premier eletto, perderebbe la funzione di mediatore, arbitro, motore di riserva. Viene ridotto a un simbolo, cosa che oggi non avviene. La realtà è che questa è una riforma nata male, che vuole imporre con regole costituzionali una situazione che mal si adatta all’attuale sistema politico italiano".
Ma il sistema di governo va riformato o no?
"Eccome se va riformato. Però bisogna partire dal basso, dalla legge elettorale, magari rafforzando la figura del primo ministro con l’indicazione del nome sulla scheda. L’elezione diretta non è la soluzione di tutti i problemi, di certo non in Italia. E non c’è dubbio, che sarebbe opportuno fare riforme condivise".
Tutti riconoscono che le riforme vanno fatte insieme. In questo caso non si è fatto solo per colpa della maggioranza?
"No, anche l’ opposizione ha le sue colpe. Quando si maneggia la Costituzione bisognerebbe fare pulizia di ogni ideologia, come hanno fatto i nostri padri e madri costituenti che hanno scelto nell’interesse di tutti. Bisogna assolutamente evitare che una riforma costituzionale sia portata come bandiera da una parte o dall’altra".,
Nella situazione data, c’è il rischio che un eventuale referendum sul premierato diventi un’ordalia?
"Sì, il referendum è pericoloso anche per questo: sul tavolo ci sono scelte tecniche che rischiano di essere perse in una scelta di campo. Io elettore non leggo nel dettaglio il sistema, ma seguo il mio esponente politico che dice che se vince il sì torniamo al fascismo, se vince il no torneremo a mangiare bambini".