Martedì 7 Gennaio 2025
ALESSANDRO D’AMATO
Politica

Il politologo Parsi: "Trump parla con i singoli Paesi. E Meloni ha voluto accreditarsi"

Il professore della Cattolica: “La premier punta a essere l’interlocutrice privilegiata degli Usa. Ma al presidente eletto interessa solo indebolire la Ue. Le democrazie sono in difficoltà".

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Roma, 6 gennaio 2025 – "Un incontro messo in piedi all’ultimo momento, quasi in maniera privata, grazie all’intervento di Elon Musk e a pochi giorni dall’arrivo di Biden in Italia. Sono cose non certo particolarmente eleganti. Ma a quanto pare la politica contemporanea ha messo da parte l’eleganza da tempo". Il professor Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano, dice che l’incontro tra Donald Trump e Giorgia Meloni a Mar-a-Lago ha avuto due funzioni ben precise: "Da una parte l’interesse della premier italiana ad accreditarsi come l’interlocutrice privilegiata di Trump in Europa. Dall’altra il presidente degli Stati Uniti ha tutta la convenienza a ragionare sui capi di singoli Paesi e governo rispetto al complesso dell’Unione europea".

Trump cerca di spaccare l’Unione europea?

"Sicuramente cerca di avvantaggiarsi nei confronti dell’Europa in ogni trattativa presente o futura. In che modo potrebbe essere utile Meloni? Questo è ancora da vedersi. Ma oggi il punto non è l’utilità pratica, ma che interloquendo con i capi di stato invece che con von der Leyen mette già così in difficoltà l’Ue".

Ma se il presidente mette davvero i dazi sui prodotti dell’Ue, l’amicizia di Meloni servirà a poco…

"Non c’è dubbio. Ma si tratta di mosse di pretattica, per ora. È tutto a scopo comunicativo nei confronti delle proprie constituencies. Meloni deve recuperare terreno su Salvini e Conte e deve far vedere che lei ha un rapporto privilegiato con l’uomo più potente dell’Occidente. Anche se in realtà potrebbe danneggiarlo, l’Occidente...".

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Perché?

"Perché non riconosce la categoria dell’Occidente. Trump non si vive come il leader delle democrazie mondiali, si sente solo il presidente degli Stati Uniti".

Trump in Ue sembra aver fan piuttosto connotati politicamente: l’ultradestra in Germania, Marine Le Pen, Wilders. Meloni sembrava voler seguire un’idea più moderata della sua politica, così non rischia di finire superata a destra?

"Il problema è che oggi quelli che apprezzano Trump sono personaggi, sia in Italia che in Europa, non così presentabili in un contesto di democrazie liberali. Meloni aveva condotto gli ultimi due anni della sua vita politica a cercare di distanziarsi, più che altro implicitamente, dall’estrema destra, anche attraverso le relazioni con von der Leyen e Biden. Adesso forse sente il ‘richiamo della foresta’ delle sue origini. Ma per esempio l’ostentazione di un rapporto con Musk sulla base di posizioni ideologiche lascia perplessi: il patron di Tesla è uno che sostiene che la Germania verrà salvata dai neonazisti dell’AfD. Mi sembrano cose piuttosto lontane dalle democrazie liberali. Qualcuno sostiene che così si contribuisca a salvarle perché si segue l’opinione pubblica e la si instrada all’interno di un sistema liberaldemocratico. Altri pensano che non porterà nulla di buono. Staremo a vedere".

La premier avrebbe "spinto aggressivamente" nell’incontro a Mar-a-Lago sul tema Abedini-Sala.

"Faccio fatica a pensare che Sala possa essere liberata senza cedere al ricatto. Meloni forse ha spiegato a Trump che alla fine il governo dovrà liberare Abedini per riavere la giornalista. Ma sinceramente non credo che ci siano strade alternative. Anche gli americani hanno fatto scambi di prigionieri con i russi".

La vittoria di Trump è la certificazione della salita al potere di una nuova destra sovranista? Il processo è irreversibile?

"Di irreversibile nella vita c’è solo la morte. Ma è un fatto che le democrazie oggi siano in difficoltà, sia per l’aggressività dei regimi esterni (Putin che scatena la guerra contro l’Ucraina e l’Ue) che per le difficoltà interne. Anche perché c’è un fatto demografico: i Paesi che invecchiano diventano sempre più conservatori, ovvero resistenti rispetto al cambiamento. Oggi che la maggioranza appartiene ai vecchi, la democrazia ha un problema strutturale".