Si fa presto a dire Africa. Prendere le misure è più impegnativo. Il summit di Roma – ventiquatt’ore di diplomazia e vasti programmi sotto il brand del Piano Mattei mentre le opposizioni sparano a raffica applaudendo le critiche dell’Unione africana – fa capire a Giorgia Meloni quanto sia dura la sfida battezzata dallo scenografico vertice alla presenza delle massime autorità di Ue, Ua, Onu e Fmi. Eppure la presidente del Consiglio non demorde e chiude il summit con questa promessa che vuol essere più di un impegno: "Il Piano Mattei non è un piano di buone intenzioni e dichiarazioni di principio, ma un piano di obiettivi concreti e realizzabili che vanno verificati passo dopo passo. Intendo seguirlo personalmente. Serve un cronoprogramma preciso. È un metodo di lavoro che può fare la differenza e raccontare un modello nuovo". Ma la sbandierata dotazione da "5,5 miliardi tra crediti, operazioni a dono e garanzie – circa 3 miliardi dal fondo italiano per il clima e 2,5 miliardi dal fondo per la Cooperazione allo sviluppo" scatena ancora l’opposizione: "Un bluff. Sono storni di bilancio, non c’è alcun investimento aggiuntivo".
Coperto con attenzione e curiosità dai media internazionali, il summit con i rappresentanti di 45 paesi africani si apre con un colpo di scena, perché alla premier lanciata e assertiva nel proporre relazioni "tra pari" - "non predatorie" – il commissario dell’Unione africana Moussa Faki risponde così: "Avremmo preferito essere consultati sul Piano Mattei, non ci possiamo accontentare di semplici promesse che spesso non vengono mantenute. L’Italia è il punto di arrivo delle migrazioni: abbiamo questo problema comune da risolvere, ma non basta. Bisogna trasformare in prosperità le aree di povertà. L’auspicio è che l’Italia voglia aprire una era nuova". È Roberta Metsola, presidente del Parlamento Ue, a superare l’imbarazzo: "L’Europa e l’Africa sono amiche da molto tempo, ma dobbiamo essere onesti: mantenere le promesse e colmare le lacune, ci sono sfide che vanno oltre l’immediato". Scattano le sessioni tematiche su cooperazione economico-infrastrutturale, sicurezza alimentare, sicurezza e transizione energetica, formazione e cultura, migrazione e sicurezza. Il presidente di turno dell’Unione africana Azil Assoumani ammorbidisce i toni: "L’Italia è un ponte e un paese fratello. Il Piano è buono, va adattato". "Nulla di definito a monte, il Piano non è chiuso. Scommessa vinta, raccoglieremo gli spunti", assicura la premier arruolando l’intero "sistema Paese" e naturalmente "la Ue".
Le opposizioni oscillano tra sarcasmo e contestazioni: "Se il falso presidente della Commissione dell’Unione Africana aveva smascherato la Meloni sull’Ucraina, quello vero ha smontato il bluff della Meloni sul Piano Mattei – sfotte M5S –. È solo una messa in scena per proseguire lo sfruttamento delle risorse naturali africane". Il Pd: "Presunzione e dilettantismo, una scatola vuota". Avs: "Togliete il nome Mattei da questa operazione neocoloniale. Meglio una campagna per cancellare i 1.100 miliardi di dollari del debito africano". E di effetto "passerella" parla +Europa. "Se il vertice Italia Africa non è fallito, è tutto merito del capo dell’Eni Claudio Descalzi", provoca Matteo Renzi (Iv). Persino la Lega, dietro le quinte, mugugna: "Non c’è niente di nuovo. Ovviamente siamo d’accordo col metodo. Resta il fatto che con Salvini ministro dell’Interno diminuirono sbarchi e morti in mare". Perché, dopo progetti e investimenti epocali, sempre ai migranti alla fine si torna.