Sabato 27 Luglio 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Il patto dell’Adriatico, Tirana in soccorso del governo: "Porteremo qui da noi i profughi salvati dall’Italia"

Il primo ministro albanese Edi Rama a Palazzo Chigi per la firma di un trattato di collaborazione. Meloni: è un accordo storico

Il patto dell’Adriatico. Tirana in soccorso del governo: "Porteremo qui da noi i profughi salvati dall’Italia"

Il patto dell’Adriatico. Tirana in soccorso del governo: "Porteremo qui da noi i profughi salvati dall’Italia"

"Se l’Italia chiama, l’Albania c’è", assicura il primo ministro, Edi Rama. E visto che l’Albania c’è, Giorgia Meloni spera di aver messo finalmente a segno un colpo sul fronte dove le cose vanno peggio: quello dell’immigrazione.

I sondaggi parlano chiaro: il settore in cui l’operato del governo ha l’indice di gradimento più basso è proprio il cavallo di battaglia della destra e sin qui gli sforzi hanno portato pochi risultati. L’Europa parla e non fa, il memorandum stilato con il tunisino Saïed è lettera morta: per fortuna c’è l’Albania. Non è ancora fermarli a casa loro, ma almeno per diciotto mesi i migranti salvati in mare dalle navi italiane (non Ong) non arriveranno neppure a Lampedusa. Il protocollo d’intesa siglato ieri dalla premier e Rama a Palazzo Chigi prevede l’uso del porto di Shengjin – all’altezza di Bari – e l’area di Gjader, a una ventina di chilometri di distanza, per creare entro la primavera del 2024 (a ridosso delle elezioni europee) due strutture: una di ingresso, per le procedure di sbarco e di identificazione, e una di accoglienza temporanea che potranno raccogliere 3000 migranti al mese. "Non minori, donne in gravidanza e altri soggetti vulnerabili", dice Meloni nella conferenza stampa congiunta. È la concretizzazione di un accordo "sostanzialmente chiuso a Ferragosto – rilancia Rama – Giorgia avrebbe dovuto essere in vacanza, ma c’erano le notizie degli sbarchi e noi volevamo capire come aiutare". A Palazzo Chigi chiosano: "Altro che aperitivi, come qualcuno ha raccontato".

Inevitabile chiedersi quali sia la contropartita. "Non avremmo fatto questo accordo con nessun altro stato Ue", spiega la sua disponibilità il premier albanese. "Il mio Stato non potrà mai ripagare il suo debito verso l’Italia". Ma certi favori non si fanno gratis, ancorché Chigi neghi scambi. "Non è prevista compensazione economica per l’Albania". In realtà una merce di scambio l’Italia ce l’ha: propri buoni uffici per l’ambito ingresso nell’Unione Europea dell’Albania, pratica aperta nel 2009. Nel conto, va aggiunto il piano di investimenti in quel Paese di aziende di Stato italiane messo a terra lo scorso settembre.

"Quello sui migranti è un accordo storico – esulta Meloni – che si pone gli obiettivi di contrastare il traffico di esseri umani e prevenire i flussi migratori irregolari". Il modello è innovativo ma non originale. Giorgia si richiama alla dottrina Sunak, studiata nel corso degli incontri con il premier inglese. Con una differenza, notano al governo: il trasferimento dei migranti in Ruanda è stato bocciato dalla corte d’appello inglese perché lo stato africano non era considerato un paese sicuro. I migranti da noi soccorsi saranno ospitati in Albania ma sarà come se fossero in Italia, perché negli hub vige la nostra giurisdizione.

Bruxelles è stata informata, ma sospende il giudizio: "L’accordo deve essere tradotto in legge – dice un portavoce della Commissione –. È importante che rispetti pienamente il diritto comunitario e internazionale". L’opposizione spara a zero: chiede alla premier di riferire in aula, parla di "imbarazzante pasticcio" (Provenzano, Pd), di "delocalizzazione" con Fratoianni (SI), di "Guantanamo italiana" con Magi (+ Europa). E Renzi: "Poco pratico". Ma non sono queste le critiche che possono scalfire la granitica certezza del governo. Il problema casomai è un altro: se in 18 mesi la pratica non è sbrigata, i migranti d’Albania, come prevede la legge, dovranno essere sbarcati in Italia. Ma la premier non se ne preoccupa, convinta che l’iter sarà chiuso nei tempi. Stavolta è sicura di avere fatto centro.