Ministro Luca Ciriani, in molti temono che il "decreto rave" entri in collisione con l’articolo 17 della Costituzione, che vi sia una applicazione ampia e discrezionale della nuova norma, con compressione del diritto di protesta. Se è effettivamente solo contro i rave, perché non dirlo esplicitamente nel testo?
"Questa polemica mi sembra del tutto strumentale. I cittadini per bene non hanno nulla da temere perché non vi sarà nessuna discrezionalità. Poi, dal punto di vista tecnico, possiamo anche trovare la formulazione che rassicuri anche da questo punto di vista: ma l’obiettivo sono solo i rave, il 434 bis non sarà usato contro nessun altro. L’Italia non può essere il paradiso di drogati e spacciatori, non può consentire questi eventi che sono un’esaltazione della droga e dell’illegalità. La norma dice agli organizzatori dei rave che non ci sarà tolleranza nei loro confronti. Punto".
Col decreto Rave centri sociali a rischio: arrivano i correttivi
Quindi in sede di conversione siete disponibili a modifiche per chiarire il campo di applicazione affinché non venga messo in discussione il diritto alla protesta pacifica?
"A me pare che la norma sia assolutamente chiara e ripeto: questa polemica mi sembra del tutto strumentale. Dopodiché, il ministro Piantedosi e il ministro Nordio sicuramente ascolteranno le ragioni di tutti".
Lei si è detto convinto della compattezza del centrodestra, però accenti diversi si sono già visti. Molti scalpitano. Non teme, magari nel medio periodo, fibrillazioni nella maggioranza?
"Ci fasceremo la testa quando ci sarà necessità se mai che ve ne sarà bisogno. Al momento io vedo soltanto una coalizione che si è ricostruita dopo il governo Draghi, che ha vinto le elezioni, che ha fatto un governo a tempi record e ieri ha già approvato il decreto in Cdm e l’ha fatto all’unanimità. In Consiglio dei ministri ho visto un clima assolutamente sereno".
Al Senato la maggioranza di 115 è diventata di 106 con la nomina dei ministri ed è scesa sotto quota 100 con la nomina dei sottosegretari. Non è che tenterete un allargamento della maggioranza?
"Credo proprio di no perché la nostra è una maggioranza politica e ha il dovere di essere autosufficiente. Del resto, se uno è sottosegretario o viceministro non è che gli viene meno l’impegno di venire in Aula per votare i provvedimenti. Noi non abbiamo interesse a giocare partite diverse, non ci sono furbizie all’orizzonte. Non esiste una altra maggioranza. Tra l’altro, il centrodestra non è una proprietà di Meloni, Salvini o Berlusconi, è veramente un grande blocco sociale, un popolo che da troppo tempo attendeva di governare con una propria maggioranza politica. Abbiamo una responsabilità morale verso questo popolo. Non lo tradiremo".
Che opposizione si attende, una opposizione contro, a prescindere? Lotta dura?
"Mi attenderei un’opposizione seria, dura ma responsabile e non pregiudiziale. Quella che vedo in questi giorni è però una opposizione che fa cadere le braccia".
Nel senso?
"Sono stati capaci di dire no anche all’aggiunta della parola “merito“ alla denominazione del ministero dell’Istruzione e quella della parole “sovranità alimentare“ a quello dell’Agricoltura. Ma come? La parola merito è una parola democratica, e di speranza, specialmente per chi non è nato ricco o nel quartiere giusto. E la sinistra ce la contesta? Stesso discorso per la sovranità alimentare: non ha una genesi di destra ed è a difesa dei produttori agricoli nazionali, della nostra agricoltura di qualità. Ma anche questo non gli va bene. Da questi segnali temo che da parte del Pd non avremo grande interlocuzione. Mi auguro di sbagliarmi".
Ma vale anche il contrario: che governo sarà verso l’opposizione? Sarete disponibili a modifiche sui vostri provvedimenti o chiusi a riccio nella loro difesa a prescindere?
"Lo valuteremo caso per caso. Non vorremmo dire di no a prescindere. Dipenderà dall’atteggiamento dell’opposizione. Noi non abbiamo mai rinunciato al dialogo e al confronto. L’opposizione, se fatta in maniera intelligente, serve anche alla maggioranza. Attendiamo segnali. Sul grande tema delle riforme per adesso non è venuta nessuna apertura e mi pare che sia difficile ragionare su chi non è ancora uscito dallo choc della campagna elettorale. Ma magari il confronto evolverà in maniera più costruttiva".
A proposito: la richiesta di una commissione d’inchiesta sul Covid non rischia di esacerbare il clima parlamentare?
"Dipende da come viene interpretata. Non è una commissione con finalità punitive, pensata per colpire qualcuno. Ma la gestione del Covid ha avuto tante zone d’ombra. Fare luce secondo me è una necessità. E poi in questo Paese si sono fatte tante commissioni d’inchiesta, non vedo lo scandalo".
Ci sono solo due mesi di tempo per l’approvazione della Finanziaria. Lei crede che riuscirete a rispettare il termine del 31 dicembre?
"Rispettare quel termine è un imperativo categorico. Mi spiacerebbe se per riuscire a farlo dovessimo comprimere i termini del dibattito. Se sarà necessario, le Camere lavoreranno tra Natale e Capodanno. Ma ce la faremo sicuramente, perché non è neanche lontanamente immaginabile che il Paese possa andare in esercizio provvisorio".