Mercoledì 2 Ottobre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Il G7 d’emergenza: "Soluzione diplomatica". Tajani assicura: nessun ritiro da Unifil

Meloni convoca in videoconferenza la riunione dei Grandi, manca Macron. L’Italia chiede agli alleati di rafforzare il mandato della missione Onu in Libano.

Il G7 d’emergenza: "Soluzione diplomatica". Tajani assicura: nessun ritiro da Unifil

Il vicepremier Antonio Tajani, 71 anni Sullo sfondo, Mohammad bin Salman, 39 anni, principe saudita

"La soluzione diplomatica è possibile". Depurato dalle dichiarazioni di prammatica – la ferma della condanna dell’attacco iraniano a Israele, e l’auspicio di un abbassamento della tensione – l’esito della riunione d’urgenza del G7 convocata in videoconferenza da Giorgia Meloni, presidente di turno (assente solo il presidente francese Macron) si riduce a questo. Oltre, i paesi occidentali non possono andare. Identico risultato aveva raggiunto il vertice indetto dalla premier martedì notte – cui hanno partecipato il ministro degli esteri Antonio Tajani, il collega della difesa Guido Crosetto, il sottosegretario Alfredo Mantovano e l’ambasciatore italiano in Israele, Luca Ferrari – di cui lei ha informato in mattinata il consiglio dei ministri: "L’Italia continuerà a impegnarsi per una soluzione diplomatica".

Il vertice italiano almeno ha sostanziato la formula con una proposta precisa all’Onu, che passa "per un rafforzamento del mandato della missione Unifil". Si chiede un allargamento delle competenze dei caschi blu che dovrebbero svolgere compiti anche diplomatici, assumendo il controllo dell’area del Libano a nord d’Israele, da cui partono gli attacchi di Hezbollah. Al di là del fiume Litani dovrebbe essere creata un’ulteriore area cuscinetto controllata dall’esercito libanese, mentre le milizie di Hezbollah si attesterebbero dietro questa doppia linea di protezione: "In questo modo si garantirebbe la sicurezza ai civili israeliani nel nord del loro Paese e si potrebbe tenere anche Hezbollah al riparo da reazioni israeliane", spiega Tajani a Bruno Vespa su Raiuno. Il titolare della Farnesina ha avanzato la proposta durante i colloqui con i colleghi degli esteri di Usa, Francia, Germania, Regno Unito. A portare il piano all’Onu è stato l’ambasciatore Maurizio Massari. Un passo più concreto ma sulle cui possibilità di successo è difficile fare previsioni. L’Europa è impotente, ridotta al rango di spettatrice. Gli unici ad avere voce in capitolo sono gli Stati Uniti, che però non intendono fermare Israele. Biden ha già provato a temperarne la reazione, senza riuscirci.

Ora, il problema più urgente per l’Italia è garantire la sicurezza dei nostri connazionali (circa 3.200) in Libano e dei 1.076 militari italiani del contingente Unifil. Per quanto riguarda i primi per il momento non si parla di evacuazione ma di agevolare il rimpatrio urgente tramite trattative con le compagnie aree perché moltiplichino i voli Beirut-Roma. L’eventualità di un ritiro del contingente italiano non è nemmeno presa in considerazione: "Assolutamente escluso", taglia corto Tajani. Ciò non significa che non si pensi al peggio: "Quando ci sono delle guerre in corso sarebbe sciocco non pensare alla possibilità di evacuazione", continua. Per quanto riguarda il contingente militare "i piani e i mezzi sono preallertati", chiosa Crosetto. Aerei pronti a decollare dalla Sicilia, e navi già in zona. In condizioni normali ci vorrebbero un paio di settimane, ma se la situazione dovesse diventare d’emergenza il ritiro potrebbe essere espletato in 24/48 ore. Ma un ritiro indipendente dall’Onu, non esiste.

Certo: la preoccupazione per un eventuale coinvolgimento dei militari italiani nella battaglia è altissimo. Se dovesse essere ucciso qualcuno sarebbe un disastro, ammettono a Palazzo Chigi. Dunque l’intero esecutivo si dà da fare per cercare di garantire la protezione dei nostri soldati per vie più discrete. La premier chiama al telefono il primo ministro del Libano, Najib Mikati, e gli ricorda l’importanza del contingente Unifil e insiste perché l’esercito libanese faccia il possibile per garantirne l’incolumità. Il ministro Crosetto sente i rappresentanti di tutti i governi coinvolti nel conflitto e fa la stessa identica cosa. Tajani contatta il ministro degli Esteri iraniano per verificare le possibilità di un allentamento della tensione. C’è un’ulteriore strada che l’Italia prova a battere: insiste perché venga nominato il prima possibile il nuovo presidente della Repubblica libanese che, a norma di Costituzione, deve essere un cristiano maronita. Almeno ci sarà qualcuno su cui puntare per la "soluzione diplomatica".