Tra cinque mesi saremo chiamati a esprimerci sul progetto di revisione costituzionale Renzi-Boschi con un referendum. È difficile prevederne l’esito, che sarà probabilmente determinato dal clima politico. Lo stesso referendum costituzionale già da molto tempo è stato indicato da Renzi come una sorta di giudizio divino sulla sua leadership («se perdo vado a casa»). La personalizzazione del tema costituzionale si è così inserito nella personalizzazione del gioco politico, costruito sulla dicotomia per o contro Renzi, e la mobilitazione per il Sì e quella per il No risentiranno di questo condizionamento. Di conseguenza, ogni questione politicamente rilevante che investe il Presidente del Consiglio e il suo partito è destinata a contare per il risultato referendario. Così è per le diverse inchieste che hanno coinvolto esponenti del Pd. Il dibattito che ne sta derivando non affronta le questioni cruciali del rapporto tra una politica debole e una magistratura che non rinuncia a un ruolo politico, da un lato, e del reclutamento di un ceto politico discutibile, dall’altro. Piuttosto, vede contrapposto un Pd in difesa che ricorre agli argomenti un po’ consunti delle mele marce e del rispetto per la magistratura e le accuse opportunistiche provenienti dalle altre forze politiche di un partito travolto dal malaffare.
Così impostato il confronto avrà probabilmente ricadute negative sull’immagine del Pd e potrebbe aumentare in parte dell’opinione pubblica il desiderio di utilizzare l’appuntamento di ottobre per porre fine al suo governo. Ma anche le elezioni amministrative potrebbero avere un’influenza su quell’appuntamento. Esse coinvolgono grandi città e candidati renziani. La loro portata nazionale non solo avrà un effetto sulle scelte di voto del 5 giugno, ma, nel caso di risultati per il Pd peggiori del previsto, potrebbe galvanizzare gli avversari del premier a accrescere la mobilitazione per il No. Una consultazione che fino a poco tempo fa pareva dall’esito scontato, a favore del Sì, grazie anche all’ argomento dell’ “almeno qualcosa cambia”, potrebbe riservare sorprese. Quel che è certo, che vinca il Sì o vinca il No, è che non saranno gli argomenti sul merito ad essere decisivi, ma uno scontro politico che va sempre più polarizzandosi.