Cavalcare l’onda. La convergenza sul campo tra la segretaria dem Elly Schlein e il presidente 5 Stelle Giuseppe Conte detta l’agenda del centrosinistra senza temi d’inciampo o distinguo. Alle elezioni regionali in Abruzzo, del resto, mancano appena dieci giorni: si vota domenica 10 marzo. E, dopo aver imbroccato il vento di maestrale che ha portato alla vittoria per un soffio dell’ex viceministra pentastellata Alessandra Todde in Sardegna, la sola cosa da fare è spiegare fino all’ultimo centimetro di tela al grecale per cercare di bissare il successo sulla sponda adriatica. Ancor più grazie alla vittoria sarda, il distacco tra il presidente in carica di centrodestra Marco Marsilio e lo sfidante Luciano D’Amico – ex rettore di Teramo in orbita dem – si starebbe infatti assottigliando. Perdipiù nel segno di una coalizione allargata anche alle forze moderate, come Azione, propugnata dalla minoranza del Pd guidata dal presidente Stefano Bonaccini. Che non abdica al personale impegno in favore del terzo mandato per i governatori. Mentre i 5stelle non si lasciano contagiare dall’entusiasmo al punto di acconsentire all’accordo di campo coi dem anche in Basilicata e Piemonte.
Convergenze e differenze son tutte sul campo. Conte e Schlein danno fiato alla carica elettorale in Abruzzo, dove però non avranno il vantaggio del voto disgiunto. L’una però esorta alla "costruzione del campo dell’alternativa, a cui lavoro sin dal principio con spirito testardamente unitario". L’altro intende il "campo giusto", come lo chiama lui, "sulla base di progetti credibili e concreti" da costruire volta per volta. E insiste soprattutto sulla necessità di "una classe dirigente nuova" e non minata da personalismi, che in sostanza si traduce con l’indisponibilità a sostenere candidature che facciano chiaro riferimento al Pd. Un po’ per nuovismo, un po’ per ritagliarsi lo spazio della leadership di governo, l’ex premier punta infatti a erodere la nomenclatura dem nel gioco di sponda, più o meno consapevole, con Schlein. E gli riesce.
Grazie alla vittoria in Sardegna, i due leader hanno spiazzato e sparigliato i dissidenti interni soprattutto nel Pd. A cominciare dal leader della minoranza e presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini. Che si prodiga in complimenti nei riguardi della segretaria, sostiene la necessità di allargare il campo a tutte le opposizioni ("l’alleanza con i 5 Stelle non basta") e rilancia il tema del terzo mandato. Il governatore infatti "non ha gran voglia di andare in Europa", confidano dal suo entourage, tanto più se non potesse essere capolista nel Nordest per cedente il posto alla segretaria. E preferirebbe esser confermato alla guida della Regione. Anche se l’avversione della premier Giorgia Meloni e di Schlein rende affatto peregrina l’eventualità del terzo mandato. Una battaglia "che non si sa quanto sia popolare nel nostro mondo – rilevano dal gruppo dem al Senato –. Anche il partito dei sindaci non si sa bene cosa voglia dire, visto che i sindaci sono espressione del partito". Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, rileva al riguardo di aver sostenuto la proposta dei colleghi, dichiarandosi però personalmente disinteressato. Piuttosto il suo nome è tra i papabili per una candidatura in Europa nella circoscrizione Nord-ovest.
"Tutte le chiacchiere sul campo largo o giusto stanno a zero", osserva il leader dell’area Dems Andrea Orlando. Che propone di chiamarlo "campo per la difesa della sanità pubblica, campo per la Sanità, in tutte le regioni governate dalla destra che la stanno sfasciando. Questo è un argomento su cui non si ha difficoltà a trovarsi d’accordo e a farsi capire". Ma in realtà a livello locale le alleanze rimangono a macchia di leopardo per volontà dei 5 Stelle, che non indulgono al pressing dem soprattutto in Basilicata e Piemonte. Nemmeno i buoni uffici dell’ex ministro della Sanità Roberto Speranza riescono a persuadere Conte a sostenere l’esponente delle coop bianche Angelo Chiorazzo in Basilicata, dove si vota il 21 e 22 aprile. Mentre in Piemonte è tutto ancora in alto mare.