Mercoledì 16 Aprile 2025
RAFFAELE MARMO
Politica

Il doppiopesismo sugli attacchi ai giornalisti

Dopo i casi di Romano Prodi e Giovanni Donzelli

Romano Prodi si spazientisce di fronte alla domanda di una giornalista (Ansa / Alanews)

Romano Prodi si spazientisce di fronte alla domanda di una giornalista (Ansa / Alanews)

Roma, 26 marzo 2025 – Ora che si sono depositate le polveri, è forse possibile riflettere con maggiore ponderazione sul caso che ha visto protagonisti l’ex premier Romano Prodi e la giornalista Lavinia Orefici. Ma, che soprattutto ha visto all’opera un antico riflesso pavloviano secondo il quale, purtroppo, valutazioni e indignazioni, reprimende e richiami si manifestano e si negano a corrente alternata o secondo la classica e mai estirpata logica del doppiopesismo. Tanto più alla luce anche dell’ultimo, recente, episodio di attacco al giornalista Giacomo Salvini da parte di Giovanni Donzelli di FdI. Perché, comunque si possa e si voglia giudicare il merito (fondato, infondato, provocatorio) della domanda della giornalista al Professore, di sicuro siamo di fronte a una richiesta legittima e a una reazione sproporzionata e, nella forma, quantomeno non ortodossa. Che sarebbe tale nei confronti di un uomo, ma ancora di più nei confronti di una donna.

Ora, è vero che si può perdere la pazienza e irritarsi (sempre fino a un certo punto, però, quando si è personaggi pubblici e si viene richiesti di un giudizio), ma è altrettanto vero che, a mente fredda, non sarebbero state inappropriate le scuse (ma è un elemento di sensibilità privata). E, soprattutto, che, di fronte a quanto accaduto, ci si sarebbe potuti attendere che opinionisti e politici avessero manifestato anche pubblicamente solidarietà nei confronti della giornalista. Il che, invece, non è successo, ma solo per la faziosità da riflesso pavloviano e il doppiopesismo figlio dello stantio complesso di superiorità morale e culturale della sinistra. È agevole immaginare, al contrario, che cosa sarebbe accaduto se lo stesso comportamento di Prodi lo avessero tenuto Berlusconi o altri politici di centrodestra, a cominciare, oggi, dalla stessa Meloni. Anzi, sappiamo bene quali bufere politico-mediatiche si sono scatenate in casi analoghi. Come ieri nel caso di Donzelli. Il punto – e questa è la lezione che tutti dovremmo trarre da vicende come queste – è che questo Paese fa ancora tanta fatica, nelle sue classi dirigenti politiche e culturali, a liberarsi dal giogo delle appartenenze agli schieramenti, alle congreghe e ai circoli più o meno elitari.