I diritti civili incalzano la maggioranza di governo. Dalla cittadinanza per gli stranieri al fine vita, dalla maternità surrogata "reato universale" all’aborto, sul perimetro dei diritti non si misurano solo i rapporti tra maggioranza e opposizione, ma anche le differenze interne ai due schieramenti e rispetto alla base elettorale. L’exploit di firme sul referendum per dimezzare i tempi della cittadinanza dopo quelle per abrogare l’autonomia differenziata, ma anche la partecipazione inattesa al sit-in indetto ieri contro il decreto sicurezza, sono certo il segno di una ripresa di vitalità da parte del campo progressista, ma anche indizio di qualche scollamento tra il centrodestra di governo e l’opinione del suo stesso elettorato.
Sulle tematiche dei diritti e le questioni di genere gli elettori del centrodestra sono assai più aperti dei dirigenti dei partiti. Marina Berlusconi lo ha fatto presente anche in estate. Finito il lavoro nelle commissioni, la maggioranza si presenterà compatta all’imminente voto del Senato che dovrebbe dare il via libera alla legge che introduce e punisce il reato universale di maternità surrogata, integrando la legge 40 sulla procreazione assistita. Da Forza Italia si rivendica l’obiezione di una parte delle femministe nei riguardi della gestazione per altri.
Per non offrire il fianco alle opposizioni, gli azzurri si preparano nella riunione di oggi a varare la loro proposta sullo ius scholae. La premier Giorgia Meloni ha già sancito che la normativa vigente va bene com’è e i parlamentari di Fratelli d’Italia e Lega le si sono immediatamente accodati. Dal partito di Antonio Tajani fanno buon viso, rilevando che per lo ius scholae cambia solo la modalità di decorrenza dei 10 anni necessari per la cittadinanza. Se poi non incontreranno il consenso degli alleati, gli azzurri promettono di andare avanti ugualmente in Parlamento.
L’attività delle commissioni, che si sono affrettate a licenziare la sanzione dell’utero in affitto, langue invece sul fine vita, ddl atteso alla traduzione in legge della sentenza della Consulta nel 2019 sul suicidio assistito. Il tema ha diviso la maggioranza in regioni come il Veneto, dove le aperture sul fine vita del governatore Zaia è sono state bocciate dal suo stesso partito. Forse anche a causa del vastissimo consenso popolare (l’84% degli italiani e il 77 dei leghisti), frattanto però Matteo Salvini ha adottato la linea della libertà di coscienza in occasione dell’ultimo consiglio federale. Entro qualche settimana il Consiglio regionale lombardo a trazione leghista dovrebbe esaminare un altro progetto di legge dell’associazione Luca Coscioni. Ma quella davvero attesa dagli italiani è una legge del Parlamento.