Roma, 4 gennaio 2025 – Il prossimo 18 gennaio mentre a Milano si riuniranno i cattolici del Pd, a Orvieto saranno i riformisti di Libertà Eguale, su posizioni diverse ma convinti anche loro che Elly Schlein stia ripiegando troppo a sinistra, a fare il punto della situazione.
Professor Stefano Ceccanti, lei è tra gli organizzatori del convegno umbro: le due iniziative sono convergenti o in concorrenza tra di loro?
"Sono convergenti per la lettura di partenza: il Pd si è rafforzato, ma una coalizione di centrosinistra in grado di vincere e di reggere alla prova di governo sul piano nazionale ancora non esiste. Sono divergenti perché Milano si convoca a partire da un’appartenenza cattolica, mentre Libertà Eguale non chiede omogeneità sul passato e neanche sulle scelte concrete di partito, ma su una comune cultura liberale di centrosinistra", risponde il costituzionalista, ex parlamentare democratico nonché vicepresidente di Libertà Eguale.
Sì, ma perché avete scelto di riunirvi lo stesso giorno?
"In realtà la nostra scelta è precedente e legata a un periodo sganciato da prospettive elettorali immediate per riflettere senza essere schiacciati sulla contingenza".
Puntate a spostare il Pd al centro oppure a fare una forza moderata, una Margherita 2.0?
"Libertà Eguale si qualifica su posizioni relative alle politiche da intraprendere per dare corpo a una cultura liberale di centrosinistra. La maggior parte delle persone milita nel Pd o comunque lo vota, ma ne fanno parte anche persone senza partito o di partiti minori. Il tema per noi è come coinvolgere gli elettori centrali assieme a una parte degli astensionisti a partire da proposte politico-programmatiche, da una visione di “liberalismo inclusivo” in economia, per dirla con Salvati, dalla consapevolezza dello scontro internazionale in atto tra democrazie e autocrazie come spiegato dal presidente Mattarella".
Il Pd di Schlein si può permettere una sterzata al centro?
"Se non è attento a questo elettorato centrale il maggior partito della coalizione, cioè il Pd, dubito che ciò possa essere ottenuto solo da partiti minori, che pure ci saranno nell’alleanza. Insomma: non ci può essere uno strabismo tra Pd e alleati minori posti più al centro".
Il progetto di un Pd a vocazione maggioritaria di Veltroni non è fallito?
"Coloro che per varie ragioni hanno lasciato il Pd ritenendolo un progetto fallito o vi sono ritornati o accettano comunque di esserne alleati. Mi pare un fallimento...di successo".
Se l’alternativa per il Pd fosse essere il partito più votato perdendo le elezioni politiche, o vincere come coalizione, cosa dovrebbe fare secondo lei?
"C’è da intendersi sulla coalizione, che deve essere tale per vincere ma anche per governare. Quindi, anche se con la politica internazionale forse non si vincono le elezioni, non ci possono essere equivoci su di essa. Anche se la guerra in Ucraina fosse conclusa al momento del voto, è evidente che, come per gli altri partiti europei della famiglia democratica e socialista, questo è un punto dirimente".
L’unico?
"No. L’altro problema è evitare lo strabismo. Forze più al centro ci sono, ma per avere un partito vincente in una coalizione credibile il Pd deve parlare direttamente agli elettori centrali".
Al vostro convegno ci sarà l’ex premier Paolo Gentiloni. A Milano, invece, ospite d’onore sarà Ernesto Maria Ruffini, federatore in pectore di un rassemblement cattolico.
"Non conosco Ruffini, ma chiunque dà una mano a una coalizione di centrosinistra con cultura di governo è benvenuto. Gentiloni rappresenta col suo percorso l’intreccio tra riformismo italiano ed europeo: il debito comune per fare crescita economica, la fermezza per l’Ucraina e contro l’idea che sul piano internazionale il crimine, l’aggressione, possa pagare".
Quale ruolo può avere Romano Prodi in questo quadro?
"Prodi rappresenta la chiusura della stagione del primo sistema dei partiti con un centro immobile, così come Veltroni, in modo speculare, ha segnato la fine del mito dell’unità a sinistra a favore dell’unità dei riformisti. Sono persone che hanno superato l’idea dei riformisti divisi in partiti diversi e per questo minoritari sono sempre un punto di riferimento di ispirazione ideale".
Molto conterà la scelta del candidato premier. Deve essere per forza Elly Schlein o il Pd dovrebbe orientarsi su una personalità più moderata come Ruffini o Gentiloni?
"La responsabilità della guida di una coalizione spetta al partito più votato. Di norma, come prescrive lo Statuto del Pd, è il suo segretario che per questo è scelto con primarie aperte. Poi lo stesso Statuto prevede due eccezioni: o le primarie di coalizione o che il segretario medesimo possa proporre alla Direzione un altro candidato. Ma una è la regola e queste due sono, appunto, eccezioni".