Roma, 3 gennaio 2025 – Difficile immaginare che sia una coincidenza. L’assemblea organizzata dai cattolici del Pd a Milano con il nome ’Comunità democratica’ è fissata per il 18 gennaio. La stessa data in cui, con l’appello ai liberi e forti, Luigi Sturzo fondò nel 1919 il Ppi e in cui nel 1994 Mino Martinazzoli sciolse la Dc per tornare al Ppi.
Professor Giovanni Orsina, ha un’importanza simbolica questa scelta di calendario?
"In una prospettiva popolare, certo che sì. Però – e lo dico da storico – non esageriamo coi riferimenti storici. Stiamo parlando di due mondi incommensurabili", risponde il direttore del dipartimento di Scienze politiche della Luiss.
In effetti il principale organizzatore dell’assemblea, Graziano Delrio, esclude sia la nascita di un nuovo partito che di una corrente nel Pd. Che senso ha allora questa iniziativa?
"Alla fine della legislatura mancano quasi tre anni: è normale che si parta occupando lo spazio con un’iniziativa culturale e non politica. Sarà poi la storia a dettare i tempi, i modi e le opportunità della politica".
Nella stessa giornata a Orvieto si uniranno i riformisti di Libertà Eguale alla presenza di Paolo Gentiloni. Quale rapporto c’è tra le due iniziative?
"Quelli che sono interessati a coprire quest’area politica si mobilitano e lo fanno, giustamente, in forma concorrenziale. Ciascuno prende posizione e cerca di far vedere quanto pesa. Quando verrà il momento, si faranno i conti. Fermo restando che non avrebbe senso andare in ordine sparso".
Il problema del centrosinistra è coprire l’area centrista. Come converrebbe farlo, con la nascita di un nuovo soggetto o lavorando per rendere meno sbilanciato a sinistra il Pd?
"La mia impressione è che si debba passare per un’altra forza politica che entri nell’alleanza di centrosinistra. Per il momento Elly Schlein punta a consolidarsi a sinistra ma il problema del rapporto con Avs e M5s è lontano dall’essere risolto".
Non si può cioè permettere una sterzata al centro?
"Per lo meno, non in questo momento".
Come segretaria del Pd l’anno scorso ha avuto successo.
"Bisogna intendersi sul successo di Elly Schlein. Sicuramente ha avuto successo come leader del Pd, ma una strategia vincente come leader della coalizione ancora non ce l’ha. Ho sempre pensato che la sua strategia dovesse avere due momenti: uno di consolidamento a sinistra, costruzione dell’identità, recupero del M5s, e uno di spostamento al centro, indispensabile per essere competitiva. Oggi siamo ancora al primo momento, e non è che se ne veda la fine".
Dunque non si dovrebbe preoccupare per questi fermenti centristi.
"Assolutamente no, anzi per il momento le fanno gioco".
Ipotizzare la rinascita di una forza centrista non vuol dire che il progetto del Pd è fallito?
"Il progetto del Pd come partito unico a vocazione maggioritaria è fallito già nel 2013. L’ascesa del Movimento Cinquestelle lo ha devastato".
Ma questo Pd che non è quello vagheggiato al Lingotto da Veltroni nel 2008 cosa è?
"Oggi il Pd è un classico partito di sinistra post-populista. Viene votato da persone relativamente benestanti, residenti nelle città, dotate di un alto livello di istruzione, non troppo giovani. Insomma, è il partito del Frecciarossa, che ha una sua base naturale nella classe ‘cognitiva’ che abita a Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli".
Tornando all’ipotesi di un partito centrista, pensa che dovrebbe trattarsi esplicitamente di un partito cattolico?
"Mi parrebbe poco saggio. Al centro c’è un pezzo di elettorato che non è cattolico, e non avrebbe alcun senso frazionare quell’area".
Si trattava di un modello diverso ma un tentativo di costruire una forza centrista, quello di Renzi e Calenda, c’è già stato ed è fallito.
"Sì, ma è fallito per incompatibilità caratteriale dei due leader".
Quanto può valere un partito centrista?
"Fino a un 10%. Ricordiamoci Scelta Civica di Monti. Numeri fondamentali per rendere il centrosinistra competitivo. Altrimenti è battuto in partenza".
Alla fine conterà molto la scelta del candidato premier. Pensa che il Pd dovrebbe orientarsi su figure come Ruffini o Gentiloni?
"Penso proprio di no. A oggi, il candidato non potrebbe che essere Elly Schlein. È lei la leader del partito più forte della coalizione. Come si può pensare di contrapporre all’iper-politica Meloni una leadership semitecnica come sarebbe quella di Gentiloni? O peggio di Ruffini, l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate? Schlein poi è donna e giovane. Tocca a lei".