Roma, 16 dicembre 2024 – Settemila e 193 euro in più al mese. Una tredicesima di livello alto in più per ogni mese dell’anno. È questa la dimensione dell’aumento di stipendio (più correttamente: indennità) che 18 membri del governo Meloni non eletti in Parlamento, tra ministri (8) e sottosegretari (10), si ritroveranno se passerà un emendamento alla legge finanziaria.
La misura è stata pensata per equiparare l’indennità dei ministri non eletti in Parlamento a quella dei ministri parlamentari, che guadagnano – tra diarie e indennità varie – molto di più. Mentre si chiedono sacrifici agli italiani, e si taglia tutto, da istruzione a sanità, da ricerca a editoria, il personale politico si aumenta la retribuzione alla chetichella. Se si parla di salario minimo a (udite, udite) 9-10 euro all’ora, si evocano drammi economici, mentre 7.000 euro in più al mese, con gli spiccioli, diventano una bagatella da infilare tra i meandri della finanziaria, in silenzio, sperando che nessuno ci faccia caso.
Si sa: il tema della retribuzione del personale politico è, da sempre, un tema delicato da affrontare. Sia per l’opinione pubblica, che giustamente si indigna guardando al livello medio della personale retribuzione, sia per lo squilibrio di fatto che tale misura crea a livello sistemico: infatti si tratta di costi che paghiamo tutti, con le nostre imposte, e quando si parla di soldi pubblici la prima cosa è controllare come vengono spesi.
La misura prevista rappresenterà un carico di poco più di tre milioni all’anno in più per l’erario. Cosa si potrebbe fare con tre milioni di euro in un anno? Forse poco, forse moltissimo, dipende da dove li spendi. Di certo spenderli così non pare molto fruttuoso.
Alla fine, non consola neppure guardare la situazione degli altri Paesi nell’Unione europea. In Italia le indennità parlamentari sono tra le più alte in assoluto: i nostri parlamentari superano agevolmente i 120.000 euro annui netti, comprendendo indennità, diarie e benefit vari, unico caso nell’Unione, mentre in Germania siamo a 90.000 euro e in Francia a 75.000, e questo influisce anche sulla retribuzione dei nostri ministri eletti in Parlamento, che lievita di conseguenza.
Non è becero populismo, bensì è richiamare una semplice questione di opportunità e di giustizia distributiva. Ogni anno si annuncia una finanziaria “lacrime e sangue”, con problemi strutturali evidenti: abbiamo medici di pronto soccorso che se ne vanno dagli ospedali ed emigrano all’estero per essere pagati degnamente; abbiamo giovani ricercatori che prendono, 25.000 euro all’anno lordi, precari fino ai quaranta anni, eppure fanno ricerca di qualità; abbiamo dottorandi pagati con un migliaio di euro di borsa al mese, viviamo situazioni preoccupanti nella scuola, nella sanità, in settori ai quali affidiamo il nostro futuro, mentre venti di crisi economica soffiano a destra e a sinistra.
Chiudere gli occhi e fare finta di nulla mentre si pensa ai propri ministri è cattiva politica se non, molto più semplicemente, arroganza.