È un selfie come ce ne sono tanti, scattato durante la festa di San Nicola lo scorso anno a Bari: il sindaco e due signore sorridenti di fronte al loro negozio. Ma basta a provocare una deflagrazione: perché una delle due signore è sorella del boss Capriati, Lisa, l’altra la nipote, Annalisa Milzi. Per Antonio Decaro, il sindaco di Bari, che sabato ha incassato la solidarietà di 10mila persone, è tutto un equivoco, visto che il boss ha numerosi fratelli, non tutti coinvolti negli affari criminali. "Io scatto decine di foto in quella strada, le due signore non c’entrano con il resto della famiglia – si difende – . E posso immaginare ora la loro difficoltà". D’essere sbattute in prima pagina, in effetti, non l’hanno presa affatto bene: "Siamo finite ovunque – esplode Milzi –. Abbiamo scattato una foto con il sindaco prima della festa, è una persona gentile e ce l’ha concessa, non vedo cosa ci sia di male. Non abbiamo altri rapporti con lui. Fra i Capriati ci sono 11 figli, non si può fare di tutta l’erba un fascio".
Tuttavia, con la politica ridotta spesso a spiare dal buco della serratura, quella foto diventa pesante. Poco importa se nessuna delle due ritratte è la donna (Lina, l’altra sorella del boss) a cui aveva fatto riferimento il governatore pugliese Michele Emiliano nell’ aneddoto raccontato tre giorni fa: "Andai dalla sorella di Capriati con Decaro e glielo affidai". Legittima comunque la decisione di Matteo Piantedosi di istituire quella commissione d’accesso per valutare lo scioglimento del Comune per presunte infiltrazioni mafiose (dopo l’inchiesta della Dda che portato 130 arresti e ha svelato casi di voto di scambio e la capacità dei clan di pilotare le assunzioni nella municipalizzata del trasporto pubblico Amtab), che proprio ieri si è insediata in città. A Palazzo Chigi si fregano le mani: una mossa sulla carta rischiosa del ministro dell’Interno a causa della popolarità di Decaro, ci ha fatto segnare un punto, sussurrano. Tanto che Giorgia Meloni decide di rinviare al mittente le accuse del centrosinistra a Piantedosi di aver agito scorrettamente: "Non c’è stata nessuna forzatura. L’avremmo fatta se non avessimo disposto un accesso ispettivo".
Al Nazareno invece sono molto irritati. Non solo per la foto, ma anche per frase del governatore Emiliano che, già a botta calda, era sembrata un clamoroso autogol. Cui va aggiunta un’intervista precedente a Telenorba in cui presidente della Puglia, sempre con Decaro spettatore, dà una versione diversa – non ha parlato di sorella, ma di responsabile di zona – però conferma il fatto, e cioè la visita al potere mafioso. I democratici sono netti: "Emiliano è iperbolico, non c’è nessuno caso Decaro". Il Pd conferma di voler candidare il sindaco alle Europee per trainare i voti al Sud. Ci prova Emiliano a correggere: "È una cosa di 18 anni fa, se Antonio mi ha detto che non ricorda di essere stato accanto a me, è possibile che lui abbia ragione". È probabile, dice qualcuno, che il governatore, al corrente dell’esistenza della foto, abbia cercato forse un po’ goffamente di parare il colpo ben sapendo come quel selfie sarebbe stato adoperato dalla destra. Che infatti torna alla carica, puntando a portare il caso in commissione Antimafia, mentre dalla Lega parte la richiesta di un passo indietro di Decaro dalla presidenza dell’Ance. In prima linea c’è Forza Italia: in stridente contrasto con quel garantismo ricordato dal leader Silvio Berlusconi anche nel messaggio postumo. A tirare la volata agli azzurri è il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto che pone ben undici domande al sindaco, chiedendogli tra l’altro di spiegare perché "non si sia accorto di quanto avveniva all’Amtab".
In questo quadro il Pd, che oggi riunisce la segreteria, intreccia la vicenda di Decaro con quella della ministra per il Turismo: "La destra monta un caso inesistente per coprire la storia di Daniela Santanchè", riassume umori comuni Alessandro Alfieri. Una mossa che rischia di diventare un boomerang per l’opposizione. A destra c’è già chi pensa che alle dimissioni di Santanchè (pressoché ineluttabili per la maggioranza in caso di rinvio a giudizio) deve corrispondere lo scioglimento del comune di Bari per mafia. Simul stabunt, simul cadent. In questo caso, sarebbe però una formula inadeguata. Le due vicende infatti non sono identiche, non sono simili, non si somigliano neppure.