Martedì 4 Febbraio 2025
GIOVANNI ROSSI
Politica

Il caso Almasri. In aula Nordio e Piantedosi. Esplode l’ira di Pd e M5s

Non sarà la premier a riferire sulla liberazione del carceriere libico. L’opposizione è pronta a bloccare tutti i lavori parlementari.

Non sarà la premier a riferire sulla liberazione del carceriere libico. L’opposizione è pronta a bloccare tutti i lavori parlementari.

Non sarà la premier a riferire sulla liberazione del carceriere libico. L’opposizione è pronta a bloccare tutti i lavori parlementari.

Niente lavori parlamentari se Giorgia Meloni non si presenta alla Camera "a spiegare"? È più di un’ipotesi. Le opposizioni unite non si accontentano dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi: deve essere la presidente del Consiglio a dare "risposte immediate" sul caso Almasri. Dove Almasri sta per Osama Almasry Njeem, il 45enne generale libico arrestato dalla polizia il 19 gennaio a Torino su mandato della Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e di guerra, ma dal governo riaccompagnato a Tripoli con volo di Stato il 21 gennaio. Non basta la contrapposizione politica. Anche in ambito giudiziario la vicenda cresce di intensità.

Alla denuncia dell’avvocato Luigi Li Gotti per "favoreggiamento e peculato in concorso" – all’origine della trasmissione del caso al tribunale dei ministri firmata dal procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi e contestata dalla premier – ora si aggiunge quella del migrante Lam Magok Biel Rue: la vittima e testimone dei reati di Almasri segnala alla procura "le condotte" di Nordio e Piantedosi (Giustizia e Interni). A entrambi, così come alla presidente del Consiglio, l’ex detenuto sud sudanese nel lager di Mitiga imputa il reato di "favoreggiamento" per aver "sottratto il torturatore libico alla giustizia". Ora Lo Voi valuterà l’incartamento. Due le opzioni: avviare un nuovo procedimento; oppure, visto che i profili penali coincidono, spedire la denuncia al tribunale dei Ministri attivato dalle accuse di Li Gotti.

Il caso Almasri riesplode così con rinnovata virulenza. I reati contestati dalla Cpi al generale tripolino – riconsegnato dal Falcon dei nostri servizi segreti all’abbraccio dei suoi sodali – sono tutti gravissimi: omicidio, tortura, stupro e violenza sessuale ai danni dei migranti (seviziati nelle strutture detentive e messi sui barconi solo dopo i riscatti strappati alle famiglie). In contrasto con questo carico di orrore, i filmati sui festeggiamenti aeroportuali dei seguaci del generale libico non avrebbero mai visto la luce se Nordio avesse (seppur in ritardo) convalidato l’arresto. Una competenza che il Guardasigilli ha ritenuto di non esercitare. Consentendo così a Piantedosi di battezzare il rimpatrio aereo di Almasri in ragione della sua "pericolosità sociale". Una specie di celeste “foglio di via”’.

Nelle nove pagine presentate dall’avvocato Francesco Romeo, Lam Magok sostiene che "l’inerzia" del governo" sul generale libico ha "vanificato la possibilità di ottenere giustizia sia per tutte le persone, come me, sopravvissute alle sue violenze, sia per coloro che ha ucciso, sia per coloro che continueranno a subire torture e abusi per sua mano o sotto il suo comando". Una mancata iniziativa, è la conclusione del legale del sud sudanese, che, assieme al "decreto di espulsione firmato dal ministro dell’Interno, ha consentito ad Almasri di sottrarsi alla "celebrazione del processo" all’Aja.

Per le opposizioni la deadline sulle ragioni della scelta del governo è oggi, quando si riuniranno le capigruppo di Camera e Senato. Sarà in quelle sedi che Pd, M5s, Avs, Azione, Italia viva e +Europa reclameranno certezze sull’informativa e chi la farà. Anche se ci sono dubbi che un reale chiarimento arrivi. Le ipotesi sgradite sono almeno due: che l’esecutivo voglia "silenziare" tutto apponendo "sulla vicenda il segreto di Stato"; o che si presenti in Aula evocando "ragioni di sicurezza nazionale", chissà perché taciute nelle ore convulse tra arresto e rimpatrio.

Intanto a Perugia, ufficio giudiziario competente sui magistrati romani, il procuratore Raffaele Cantone soppesa l’esposto dell’avvocato Luigi Mele nei confronti del collega Li Gotti e del procuratore di Roma Lo Voi. Nei confronti di Li Gotti, Mele ipotizza i reati di calunnia aggravata, attentato contro gli organi costituzionali e vilipendio delle istituzioni; nei confronti di Lo Voi, valorizza l’omissione d’atti d’ufficio aggravata e l’oltraggio a un corpo politico. Ma il fascicolo aperto dalla procura umbra è ’modello 45’: vale a dire senza ipotesi di reato o indagati.