Roma, 27 dicembre 2023 – Quando Elly Schlein venne eletta a sorpresa, con primarie aperte, segretaria del Pd, quasi tutti avrebbero scommesso su uno scenario diverso da quello di oggi. Si pensava a una nuova leadership femminile in grado di unire e rigenerare il centrosinistra e soprattutto di opporsi in modo concorrenziale a Giorgia Meloni e al centrodestra. A quasi un anno di distanza da quel momento è evidente che le cose siano andate in modo diverso. Meloni ha retto bene al primo anno di governo e oggi il centrodestra si ritrova nei sondaggi agli stessi livelli del 2022 e dunque il divario di consenso non è stato colmato dalla sinistra. Ma soprattutto la segreteria di Schlein ha dovuto fare i conti con il Movimento 5 Stelle e Giuseppe Conte oltre che con la separazione tra Renzi e Calenda.
Il risultato è che il centrosinistra non è unito, il Pd non decolla nei sondaggi, Conte riesce a occupare più spazio mediatico di Schlein. L’episodio del Mes è la sintesi perfetta di queste difficoltà. Il Movimento 5 Stelle ha votato no alla ratifica del trattato insieme alla Lega e a Fratelli d’Italia separandosi del Pd che invece vedeva nel Mes un elemento fondamentale degli impegni europei dell’Italia. Nel dibattito parlamentare, e nei giorni successivi, Conte è emerso come protagonista politico: oppositore della destra, ma al tempo stesso capace di rompere con la sinistra. Il leader del Movimento ha riacquistato una centralità mediatica che da tempo non aveva e che mette in ombra Schlein. Ciò è possibile perché l’elettorato di Conte è una “strana bestia”: oggi è nell’orbita della sinistra, ma fino al 2019 il Movimento era un soggetto trasversale fondato sull’antipolitica. Per questa ragione il popolo del Movimento resta particolare rispetto al resto della sinistra, poco interessato all’antifascismo, al progressismo, all’accoglienza dei migranti e ai diritti civili esso può considerarsi di sinistra prevalentemente per posizioni a favore dell’ambientalismo, dello Stato sociale, dell’intransigenza giudiziaria e politica. Preferenze politiche che, almeno in parte, si ritrovano anche a destra con cui il movimento condivide anche una certa dose di sovranismo. Ne consegue che, nonostante i botta e risposta con la premier, il Movimento ha votato insieme ai due partiti di destra e spesso può muoversi in modo imprevisto sulla scacchiera politica.
In questo scenario il campo largo non può esistere. Come fa Schlein a rimproverare la destra per il no al Mes quando il suo maggior alleato ha fatto altrettanto? Conte ha messo in difficoltà Meloni grazie alla sua corrispondenza politica, d’altronde in passato hanno governato insieme con la Lega, ma ha soprattutto fatto uno sgambetto alla segretaria del Pd spaccando l’opposizione. Il piano di Conte è chiarissimo: rimarcare l’autonomia dei pentastellati, competere con il Pd senza avere un ruolo subalterno, porsi come l’interprete principale dell’opposizione. L’ex premier, di fatto, non intende riconoscere alcuna leadership del centrosinistra al Pd di Schlein che eventualmente dovrà guadagnarsela alle urne.
Ma per ora la segretaria non brilla nei sondaggi e anche nel Pd si avanzano ipotesi di ricerca di un “federatore” del centrosinistra che però è come condannare Schlein a un ruolo di comprimaria. Tutta acqua nel mulino di Conte che, se va male, potrà accettare in futuro un federatore di suo gusto e invece, se va bene, potrà dire di essere lui l’unico titolato a guidare la coalizione di centrosinistra. Un’alleanza che oggi però sembra tutta da costruire e che deve ancora mettersi nella condizione di poter vincere una elezione europea o politica contro la destra.