Mercoledì 17 Luglio 2024
COSIMO ROSSI
Politica

I tormenti Pd sul fine vita. Tutti spiazzati da Zan

Irritazione nell’ala cattolica. Ma anche i laici mugugnano per la fuga in avanti

Disciplina di partito ristabilita d’un baleno in casa Pd. All’insegna dell’unanime "no comment". Perlomeno sulla consegna del silenzio ha sortito inusitata unità la proposta di legge in tema di "rifiuto di trattamenti sanitari e di eutanasia" depositata dal deputato e responsabile diritti dem, Alessandro Zan, mercoledì 17 gennaio. Cioè il giorno successivo al voto con cui il Consiglio regionale del Veneto ha bocciato il progetto sul fine vita grazie alla discussa astensione/obiezione "di coscienza" della consigliera Pd Anna Maria Bigon. Per il resto, rispondono un po’ piccati dagli uffici di Palazzo Madama, "il testo che noi abbiamo presentato al Senato e cercheremo di calendarizzare è quello di Bazoli". Nessun disappunto, quindi, nessun dibattito. "Zan è Zan e fa vedere che c’è – si dice – Il Bazoli è già passato alla Camera (nella scorsa legislatura, ndr). È una mediazione, ovvio. Se ce lo fanno portare in Aula, ripartiamo da lì e poi si vede".

Non è dato sapere se la segretaria Elly Schlein, che sulle prime aveva paventato la riproposizione in Parlamento della proposta bocciata in Veneto, sia stata informata. Certo l’autonoma iniziativa del responsabile Diritti del Nazareno ha colto di sorpresa i dem di tutte le sponde. Vero è che il testo è lo stesso già presentato nella scorsa legislatura. Ma è vero anche che non era stato ritirato fuori dal cassetto fino all’obiezione di coscienza di Bigon e che Zan nel frattempo ha assunto l’incarico in segreteria. Lasciando perciò interdetti i più.

Bocche cucite sul fronte cattolico, comunque, per non esacerbare il clima già innervosito dalla destituzione di Bigon dalla vicesegreteria provinciale di Verona, di cui a Direzione scaligera tornerà a discutere il 5 febbraio. "No, grazie", declina uno dei maggiorenti della minoranza. "No, non parlo grazie", fa eco un altro. Tutti gli altri telefoni squillano indefessamente invano. Solo in confidenza dalla sponda laica si riepilogano le difficoltà dopo "l’espressione infelice della ‘ferita’ usata dalla segretaria e la contemporanea presentazione della proposta Zan" che attestano le lacune sul piano delle "relazioni e mediazioni interne" necessarie in un grande partito. Per fare un esempio, si ricorda, "quando al tempo del governo Renzi furono approvate le unioni civili dal testo fu espunta la stepchild adoption", che contemplava indirettamente la possibilità dell’utero in affitto, in quanto "altrimenti non sarebbe passata". L’allora ministro Graziano Delrio "fece staffetta oltretevere" col Vaticano e il vicepremier Angiolino Alfano accettò che il governo ponesse la fiducia. Un tipo di duttilità che sembra mancare all’attuale leadership del Nazareno. Col rischio di ingessare tutti nei recinti di provenienza e fare del Pd "una federazione, invece che un partito in cui le culture politiche del ‘900 si integrino".

Certo, "se esce gente moderata o poi pure di sinistra come Smeriglio" c’è poco da star allegri, si rammarica una deputata. L’europarlamentare eletto come indipendente, per parte sua, lamenta "le modalità faticose che il Pd continua a manifestare verso contributi esterni". Smentendo che il suo addio sia legato alla mancata ricandidatura, Massimiliano Smeriglio critica l’assenza di dibattito e di un riposizionamento sui conflitti ucraino e mediorientale. E "anche rispetto alla transizione ecologica, tema caro a Schlein – osserva –, nei voti ci sono poche tracce di voler cambiare il modello di sviluppo".