Martedì 24 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

I nuovi vertici Ue. Popolari e socialisti, l’alleanza scricchiola. Meloni prepara il blitz

I due gruppi sono divisi sul nome di Costa, che non piace al Ppe. Per dare il via libera chiedono lo staffetta al Consiglio europeo. L’asse coi conservatori azzererebbe il pericolo dei franchi tiratori.

I nuovi vertici Ue. Popolari e socialisti, l’alleanza scricchiola. Meloni prepara il blitz

La cena dei 27 euroleader si è risolta in un fallimento, ma i popolari restano ottimisti e danno anzi la candidatura di Von der Leyen per la ri-presidenza della Commissione quasi fatta: "Siamo molto vicini all’intesa". È probabile che sia così, anche se resta l’incognita della sfinge Macron, il presidente francese che molti sospettano sia in realtà contrario alla riconferma dell’uscente. Lo scoglio più grosso rischia però di diventare il voto dell’Europarlamento del 18 luglio ed è un nodo che rinvia al tentativo di alcuni dei commensali di isolare Giorgia Meloni, spingendola a sparigliare i giochi. Ma il nodo dei rapporti con la destra non sono l’unico ostacolo: tra Ppe e S&D monta il nervosismo. I popolari, che nei fatti non gradiscono il nome del socialista Antonio Costa come presidente del Consiglio europeo, insistono perchè dopo due anni e mezzo lasci il posto a un esponente del loro partito. I socialisti confermano l’ indisponibilità: "I popolari sono arroganti; vogliono il 75% dei posti col 21% dei voti". Ma reclamano la stessa staffetta per la presidenza dell’Eurocamera, che la maltese Roberta Metsola dovrebbe rimettere nelle loro mani a metà mandato.

Tra i calcoli che hanno spinto Meloni a imporre il rinvio della decisione al 27 giugno c’è la speranza di incunearsi tra i due partiti maggiori se la tensione lievitasse ulteriormente. Ma la principale carta su cui conta la premier italiana per rientrare in partita sono i numeri: i popolari sono contrari a qualsiasi concessione ai Verdi, nei prossimi giorni il sostegno di quei 50 voti potrebbe svanire lasciando la candidata Von der Leyen in balia dei franchi tiratori. La presidente è poco amata nel suo stesso partito, a sparare al riparo del voto segreto potrebbero essere in molti. La trentina di voti di cui dispone Giorgia Meloni offrirebbe una rete di protezione solida, senza contare l’eventualità che, grazie a nuovi arrivi, potrebbe guidare non più il quarto gruppo per importanza ma il terzo: in fondo il vantaggio dei liberali non va oltre i 3 seggi.

Anche per questo sul nodo dei rapporti con la destra il Ppe è diviso. Lunedì alla manovra organizzata da Emmanuel Macron e Olaf Scholz ai danni della leader di Ecr ha partecipato anche il polacco Donald Tusk, delegato alle trattative per conto del Ppe.

Ieri però il presidente del partito Manfred Weber ha suonato una musica opposta: "L’Europa è di centrodestra, gli incarichi ne tengano conto". La situazione è fluida, sia per quanto riguarda i rapporti della vecchia maggioranza Ursula sia la garanzia che i voti per von der Leyen arriveranno davvero. Tra l’altro, l’incidente di lunedì, tanto grave da aver lasciato sbalorditi anche molti capi di governo presenti alla cena, non è legato alla trattativa su questo o quel commissario. Per prima cosa la premier ha bisogno di una sorta di riconoscimento politico, quel che Macron e Scholz mirano a negare: vuole che le candidature siano, se non trattate, almeno discusse anche con lei, dopo di che è più che pronta a concedere un appoggio esterno, votando per la presidenza von der Leyen salvo poi chiamarsi fuori da ogni maggioranza in cambio di un commissario che assolva a due esigenze.

E cioè che si tratti di una posizione rilevante, con tanto di vicepresidenza, quale si addice al terzo Paese dell’Unione per importanza: ad esempio, la Concorrenza o il Mercato interno. E poi deve essere un risultato considerato positivo non solo per il governo italiano, ma per l’intera destra Europa, che in gran parte guarda con disapprovazione all’ipotesi di un voto pro-Ursula.