Raffaele
Marmo
È facile immaginare, purtroppo, che la partita sul salario minimo si chiuderà difficilmente con un accordo tra governo e opposizione. E che, invece, finirà per diventare il terreno principale di scontro e di polemica tra l’esecutivo e il fronte dei partiti che ha fatto diventare i 9 euro di paga base la bandiera con la quale andare alla battaglia d’autunno.
Il summit agostano di Palazzo Chigi si è concluso nel solo modo in cui si poteva concludere: con un nulla di fatto. La soluzione metodologica di Giorgia Meloni, di affidare un ruolo di mediazione al Cnel di Renato Brunetta, potrebbe anche avere una sua efficacia concreta e una sua forza politica. Ma nei fatti non può funzionare: le opposizioni hanno tutto l’interesse a tenere alto il livello della contrapposizione e a farla proseguire finché è possibile (in astratto fino alle elezioni europee). Dunque, volente o nolente, la premier, se vuole evitare di impantanarsi in una querelle esclusivamente da campagna elettorale, dovrà passare dal metodo al merito: e quanto prima formulerà una proposta concreta del governo, tanto prima potrà mettere i leader del fronte dei 9 euro di fronte alle loro responsabilità non "politiciste". Gli argomenti e le soluzioni, del resto, non mancano. La Lega ha molteplici ipotesi di lavoro, Forza Italia ha presentato una sua proposta in Parlamento. Ma, soprattutto, queste soluzioni, come quella alla quale sta lavorando Fratelli d’Italia, hanno una sostanziale somiglianza la piattaforma elaborata dall’ex Ministro del Lavoro del governo Draghi, Andrea Orlando, esponente di punta anche del Pd di Elly Schlein. E la piattaforma di Orlando, che aveva ottenuto il sì dei sindacati, non prevedeva cifre fisse legali nazionali, ma una sostenuta valorizzazione dei contratti collettivi, con l’estensione dei minimi salariali "migliori" a tutti i lavoratori di un settore. Esattamente il nucleo attorno al quale ruotano le iniziative della maggioranza.