Venerdì 20 Dicembre 2024
ENRICO COLORNI
Politica

I malumori del governo. "Siamo sotto attacco giudiziario". Escluso il rimpasto in autunno

La ministra del Turismo rischia il rinvio a giudizio. Ma nessuno le chiederà di dimettersi. Forza Italia e Lega in assestamento, tutti i pericoli di cambiare lo status quo nella coalizione.

Roma, 9 luglio 2023 – In giorni afosi, affannosi, anche per il governo, di che parla Giorgia Meloni? Di bombe a grappolo. Però – bando alle facili ironie – non sono quelle che, da Santanchè a La Russa, cadono su FdI. La premier è assillata dai guai dei suoi pezzi da novanta: il presidente del Senato, Ignazio La Russa, de relato (la colpa, casomai, è del figlio, non sua); la ministra Daniela Santanchè, de jure, in quanto la richiesta di rinvio a giudizio per bancarotta e falso in bilancio causa i guai legati alle sue attività imprenditoriali non è ancora arrivata, ma arriverà ad horas, pare; il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, rinviato a giudizio (con relativo scontropasticcio tra pm e gip) per rivelazione di segreto d’ufficio.

La ministra del Turismo Daniela Santanchè
La ministra del Turismo Daniela Santanchè

La premier ora teme "il complotto" giudiziario. O meglio "l’attacco giudiziario", dopo le parole di ieri del presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. Anche se il governo si limita ad esprimere solo "sorpresa". "Bisogna rendersi conto che il problema delle interferenze di alcune iniziative giudiziarie sull’attività della politica riguarda tutti e in 30 anni ha colpito tutti i governi, qualunque fosse l’orientamento" sospira il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Solo che palazzo Chigi non abbozza e rilancia: "Il governo, questo governo, non rinuncerà mai a intervenire ogni volta che siano messe in gioco l’applicazione delle leggi e si interferisca nelle "dinamiche democratiche". Nel caso specifico, quando si fa un "uso politico della giustizia".

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In questo quadro, il caso Delmastro (richiesta di ingiunzione coatta) e la vicenda Santanchè (probabile rinvio a giudizio), per Meloni sono emblematiche, in negativo, nel primo caso per l’assurdità delle procedure, nel secondo caso per la sortita contro il Parlamento. In sintesi, non si può mettere in discussione il ruolo delle istituzioni, né interferire con le comunicazioni alle Camere di un ministro, dando alla stampa informazioni riservate. Per questo, Santanchè "non può dimettersi" e nessuno nel governo, a cominciare dalla premier, le chiederà di dimettersi. "Anche perché – aggiunge un ministro di peso – l’istituto delle dimissioni coatte, per un ministro, non è previsto, in Costituzione. Potrebbe dimettersi solo sponte sua".

Di sicuro, nel caso di un voto di sfiducia presentato dalle opposizioni, la maggioranza di centrodestra si compatterà. Pertanto, nessun "capro espiatorio", la Santanchè sarà difesa a spada tratta. Un concetto che viene confermato anche dai partiti della maggioranza, dove pure non mancano mugugni e perplessità sulla ministra. Questa coalizione – è il ragionamento – ha un premier fortissimo e numeri che la blindano, ma alcuni partiti della maggioranza stanno attraversando una delicata fase di assestamento (come Forza Italia post-Berlusconi e pure Lega di Salvini) che li obbligano a cautela, a non stimolare dinamiche che alterino precari equilibri. Dunque, l’ipotesi di cambiare delle pedine del governo ora comporterebbe una serie di ricerca di nuovi equilibri che rischierebbero di modificare lo status quo interno alla coalizione: troppi rischi.

Resta la variabile Mattarella, anche se in questo momento nessuno sembra in grado di prevedere se e quando il Capo dello Stato, che è anche presidente del Csm, potrebbe intervenire e come. Il presidente della Repubblica era all’estero quando è scoppiato il "caso giustizia", ma il rapporto tra la premier e Mattarella "è ottimo", si rimarca, si sentono e si vedono periodicamente. Resta una parte della magistratura "molto attiva" – si dice da palazzo Chigi – che cercherebbe di prendere un ruolo che spetta alle opposizioni, come negli anni Novanta. Il timore delle ‘toghe rosse’ di berlusconiana memoria e del complotto. Ma Meloni è forte e non ha conflitti di interesse, si assicura. "Non sono ricattabile", come disse lei.