De Robertis
La decisione della Corte Costituzionale sull’ammissibilità dei referendum – ineccepibile, diciamolo subito – fa sorridere Giorgia Meloni (e forse anche Antonio Tajani) e crea più di un grattacapo soprattutto alla segretaria Pd Elly Schlein. La premier vede tornare nei meandri parlamentari una riforma, quella dell’Autonomia, cui non ha mai creduto troppo, che aveva capito essere diventata impopolare e probabilmente scritta male specie dopo i taglia-e-cuci operati dalla stessa Corte due mesi fa e che rischiava di creale problemi al Sud, dove FdI prende molti voti. La Corte ha sostanzialmente rimediato all’errore compiuto da Meloni e Forza Italia con il loro via libera troppo frettoloso alle insistenze leghiste. La riforma torna adesso in Aula e nonostante le promesse di Calderoli che giura che tutto si farà, potrebbe imboccare lo stesso binario (morto) nel quale è parcheggiato il premierato.
Ma chi sta peggio è la segretaria Pd. È sparito infatti il quesito che almeno sulla carta avrebbe offerto la possibilità di tenere unito il partito in una battaglia molto sentita nel Paese ed è invece rimasto quello che presenta fortissimi rischi – anzi certezze – opposte. Nel momento infatti in cui il dibattito interno ai dem – chiamiamolo dibattito – sta ripartendo e la pax schleiniana pare al termine, tutto serviva al Nazareno meno che un referendum su una riforma sulla quale le varie anime del partito (lo scorso weekend, tra Milano e Orvieto ci siamo ricordati che esistono) la pensano in maniera opposta. Un tema che acuirà le distanze interne con i riformisti e con parte dell’opposizione (Italia viva) con la quale le distanze si erano accorciate. In pratica, una tempesta perfetta che non sarà facilissimo neutralizzare. Diciamo che quando propose il referendum, la Cgil non fece un grande favore alla segretaria con cui invece vanta grande sintonia.