Alla fine, volano stracci tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, con il Movimento 5 Stelle che decide, un po’ a sorpresa, di giubilare il suo garante e fondatore e di affidarsi interamente a Giuseppe Conte. Il comico e il professore di diritto, il teorico del "vaffa" e "l’avvocato del popolo" si sono incontrati, entrambi novizi della politica, e lasciati in maniera burrascosa. Lo storico che un domani dovrà descrivere la parabola del M5S non potrà che usare termini crudeli: non si è mai vista una forza politica che raggiunge, in perfetta solitudine e autonomia, il 32% dei voti e, entrata in Parlamento, lungi dall’aprirlo come una scatoletta di tonno (Grillo dixit) viene divorata dagli squali, senza neppure trovare l’apriscatole.
Per intendersi, quando il Pci di Berlinguer nel 1976 raggiunse il 34% dei voti, con una situazione internazionale del tutto diversa, la sua opposizione si sentiva, eccome, e sicuramente fosse arrivato al governo qualcosa "di diverso" l’avrebbe fatto. I 5S, complice l’inesperienza, l’ubriacatura della grande vittoria, l’istituzionalizzazione che sempre toglie fiato ai movimenti, con un sonoro 32% si sono lentamente dissanguati in governi strampalati, alleandosi ora con l’uno ora con l’altro, senza una chiara visione strategica, navigando a vista. Responsabilità di Conte, senza dubbio, ma che dire di Grillo che oggi chiama Conte "il Mago di OZ", forse dimenticando quando lui stesso si affidava alle magie informatiche di Casaleggio? Una storia italiana di decadimento politico, e le idee, quelle, chissà dove si sono nascoste.