Sabato 22 Febbraio 2025
ALESSANDRO FARRUGGIA
Politica

Caso Gregoretti, dossier di Salvini: "Il premier sapeva tutto"

Migranti, l’ex ministro porta le trascrizioni dei colloqui con Palazzo Chigi. Nella giunta al Senato i renziani tentati di salvare il Capitano dal processo

Matteo Salvini a un appuntamento elettorale (LaPresse)

Roma, 21 dicembre 2019 - Sciabolate tra la vecchia maggioranza gialloverde, mentre al Senato emerge con chiarezza che ad avere la golden share sul caso Gregoretti e a palazzo Madama per decidere se dovrà andare o meno a processo sarà Italia Viva di Matteo Renzi. Tra ex alleati continuano le piacevolezze. La lettera dell’altro ieri di palazzo Chigi che scaricava l’ex ministro dell’Interno non è rimasta senza risposta. "Carta canta" dice l’entourage di Salvini, che fa sapere che il leader della Lega "ha conservato copia scritta delle interlocuzioni avvenute a proposito della Gregoretti". Si tratterebbe "di numerosi contatti anche tra ministero dell’Interno, Presidenza del consiglio, ministero degli Affari Esteri e organismi comunitari, suffragati, tra l’altro, dal fatto che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede dichiarava il 30 luglio, nel corso della trasmissione In Onda su La7, che "c’è un dialogo tra i ministeri delle Infrastrutture, dell’Interno e della Difesa". Tutti sapevano, tutti sono eventualmente responsabili, è la tesi della Lega. Ma dalla maggioranza ribattono che quella carta vuol dire poco: "L’ufficio diplomatico di Palazzo Chigi in quei giorni si occupava della redistribuzione dei migranti, mentre la scelta di non farli sbarcare fu di Salvini". Inoltre la Gregoretti era una nave militare, non una ong come la Diciotti: "Salvini ha violato il suo decreto sicurezza".

Il M5S non molla e ieri proprio Bonafede l’ha ribadito: "Confermo quello che ha detto Di Maio. C’erano presupposti diversi rispetto alla Diciotti perché c’era la possibilità della redistribuzione nei diversi Paesi". Dunque, sì pentastellato a mandare Salvini a processo. Lo stesso vale per il Pd e il resto della maggioranza. Ma c’è un problema: Italia Viva. Che non si lega le mani e continua a dire che leggerà le carte e con spirito "garantista", prima di decidere se votare a favore o contro l’autorizzazione a procedere per il ‘Capitano’. Il tutto "senza isterismi e senza sventolare cappi e manette, come si fa nei Paesi civili" ripete il capogruppo di Italia Viva al Senato, Davide Faraone. "Io Salvini – dice Faraone – umanamente e politicamente, l’ho condannato il giorno che sono salito a bordo della Diciotti. Ho contestato con i fatti la sua politica, non con le chiacchiere. Detto ciò, quando si deve decidere se mandare a processo o meno un uomo, non capisco cosa ci sia di strano nel dire: approfondiremo, guarderemo le carte e poi decideremo".

Eppure in tanti, nella maggioranza giallorossa, temono una scelta garantista, magari propiziata dal voto segreto, che verrà chiesto dai leghisti. Di certo, Italia Viva è determinante e Renzi gode. Nella giunta per le autorizzazioni del Senato, i senatori di Iv sono tre: Francesco Bonifazi, Giuseppe Cucca e Nadia Ginetti. Due in più del Pd che, dopo la scissione renziana, ha un solo componente in giunta. Il fronte pro-Salvini è invece composto dai 5 leghisti, da 4 senatori di FI e uno di Fratelli d’Italia. Dieci in tutto. E dieci sono, al netto di Italia Viva, i senatori che farebbero processare Matteo Salvini: all’unico dem si aggiungerebbero 6 M5s, Pietro Grasso (Leu), l’ex grillino Gregorio De Falco e Durnwalder delle Autonomie. Dieci a dieci, ergo, golden share ai tre di Italia Viva. Passa anche da qui, a metà gennaio, la sorte del governo. E nel caso l’esecutivo cadesse, dice Salvini correggendo Giorgetti con considera il "governissimo", dopo Conte c’è solo il voto.