Roma, 22 agosto 2019 - Cinque punti non negoziabili: in Direzione ieri e al Colle oggi, Nicola Zingaretti ha dettato le condizioni per una trattativa del Pd con i 5 Stelle. Condizioni generiche, dall'europeismo allo sviluppo ambientale, che potrebbero trovare una sponda nei grillini. Ma, secondo voci che si rincorrono nei corridoi del Quirinale e rilanciate da organi di stampa, sarebbero tre i veri paletti fissati dal segretario dem per tentare un governo di legislatura giallo-rosso. Paletti che rischiano di mettere in salita la strada del negoziato.
Governo, le condizioni del segretario Pd
La prima è la cancellazione dei decreti sicurezza, richiesta già esplicita nel discorso di Zingaretti, che ha parlato di "svolta nella politica dei flussi immigratori". I decreti sono stati voluti dalla Lega di Salvini e approvati con l'avallo dei Cinque Stelle ma non senza maldipancia nel Movimento. In questo dunque il Pd potrebbe trovare una porta aperta in Di Maio.
La seconda condizione è un passo indietro sul taglio dei parlamentari. Alla legge manca solo una lettura per l'approvazione definitiva, ma al Pd così come è scritta non piace. Difficile però sarebbe far digerire una simile pillola ai pentastellati, che del taglio delle poltrone hanno fatto una bandiera.
Terza condizione: Zingaretti chiede un'intesa sulla manovra economica prima ancora che si formi il governo.
Nel Pd lo sconcerto dei renziani
Insomma, il quadro è diverso - se non altro più dettagliato - rispetto a quello presentato ufficialmente a Mattarella. Basta a seminare sconcerto fra i renziani. "Ci aspettiamo che le voci vengano smentite" dice un big dell'area, ricordando che è stata data "piena fiducia e pieno sostegno al segretario" e che "in Direzione non abbiamo né discusso né votato quei tre punti". Fin dall'inizio della crisi Matteo Renzi ha caldeggiato un dialogo con Di Maio, per un "governo istituzionale" che scongiuri l'aumento dell'Iva.
Dure le parole di Anna Ascani, vice presidente Pd, dopo un colloquio con Matteo Renzi al Ciocco in Garfagnana: "Se di fronte al rischio della destra così come ancora si presenta - dice -, con Salvini e Meloni in primissima linea, qualcuno nel Pd pensa di far saltare il banco di un possibile governo, istituzionale o di legislatura, sul taglio dei parlamentari, se ne assumerà la responsabilità di fronte al Paese e all'Europa. Le condizioni sono quelle poste in direzione, altre condizioni rischiano di essere fuori luogo in questo momento".
Lo dico a tutto il Pd: a consultazioni aperte non ci si parla con veline e contro veline. Non si fanno esegesi anonime. Non si gioca con le dichiarazioni fatte da "fonti vicine a". Si va al Quirinale e si parla lì. Per rispetto al Capo dello Stato, al paese. E anche a se stessi.
— orfini (@orfini) 22 agosto 2019
La precisazione di Zingaretti
Zingaretti è costretto a intervenire con una nota ufficiale: "I punti alla base della possibile trattativa per un nuovo governo sono quelli decise all'unanimità dalla Direzione di ieri - si legge nel comunicato - e che abbiamo presentato oggi al Presidente della Repubblica. Qualora ce ne fossero le condizioni e la disponibilità, è giunto il tempo di aprire una fase di confronto e approfondimento". Ma secondo fonti del Partito, le tre condizioni emerse nelle ultime ore altro non sono che "la traduzione" dei 5 pilastri messi nero su bianco nella relazione votata ieri dalla Direzione. Nella sostanza, sono condizioni reali.
Taglio dei parlamentari sì, ma...
Il deputato Pd Andrea Orlando conferma il primo punto: abolire i decreti sicurezza è uno step "imprescindibile" se si vuole "un cambio radicale di politica su questi temi". Per quanto riguarda il taglio dei parlamentari, Orlando corregge il tiro. "Non abbiamo detto di non andare avanti, abbiamo detto che il taglio va fatto con un quadro di bilanciamento, a partire anche dall'aggiustamento della legge elettorale". L'approvazione definitiva dunque per il Pd deve slittare, al fine di fare spazio agli "interventi di accompagnamento". Per Orlando questo non significa complicare il percorso verso un'alleanza. La strada di un governo con il M5S "non è più stretta di ieri", dice il deputato. Si tratta 'solo' di una "condizione per un confronto".
Anche Graziano Delrio rassicura sul percorso: "Abbiamo detto esplicitamente che siamo disponibili a un governo di svolta che affronti i problemi veri del Paese. Siamo per fare una cosa seria e stabile. Siamo a favore del taglio dei parlamentari che pure avevamo già proposto in passato, ma chiediamo sia inserito in una agenda complessiva che tenga conto di una riforma della legge elettorale che garantisca rappresentanza democratica ai territori". Il presidente dei deputati del Pd assicura: "Nessun tentativo di far fallire quindi, ma piuttosto di fondare su solide basi un governo all'altezza della crisi".
E' subito allarme tra i 5 Stelle
Le indiscrezioni di stampa vengono accolte con allarmismo da quella parte del Movimento 5 Stelle che nutre più perplessità attorno alla nascita di un governo con il Pd. "Zingaretti si comporta come Giuda", commenta all'Agi una fonte qualificata, tra i principali detrattori, nel M5S, alla nascita del governo con il Pd. "Per noi l'alleanza con il Pd non si può fare e comunque non si può fare a queste condizioni", si scandisce. "Andiamo a votare così vediamo i geni leghisti in opera. Alla prova del governo vediamo come cambiano rispetto agli annunci". Ma fonti parlamentari riferiscono all'agenzia che "la stragrande maggioranza dei parlamentari M5s vuole la nascita di un nuovo governo e vede il Pd come unica alternativa al voto".