Sabato 31 Agosto 2024
COSIMO ROSSI
Politica

Le sfide del governo, il nodo del debito e la crescita. Sul tavolo pensioni, tasse e tagli

L’esecutivo incassa il record degli occupati, ma la partita della Manovra è ancora tutta in salita E restano sul tavolo il premierato, l’autonomia differenziata da attuare e l’invio di armi all’Ucraina

Roma, 1 settembre 2024 – In vista del secondo giro di boa del 13 ottobre, sulla soleggiata rotta del governo di Giorgia Meloni si profilano le intemperie forse più insidiose dal giorno del varo. La premier e il suo partito si confermano in testa agli indici di gradimento e saldamente alla guida di una coalizione di governo unita; gli indicatori economici e occupazionali sono confortanti; il Pnrr incede proficuamente; la nomina di Raffaele Fitto potrebbe preludere a una distensione dei rapporti complicati con Bruxelles. Paradossalmente, però, dinanzi all’esecutivo si addensano anche nubi nient’affatto facili: una manovra finanziaria afflitta dal debito e dai vincoli europei, ancor più stringenti dal prossimo anno; le divergenze interne sulla guerra in Ucraina, che si ripercuotono sui complicati rapporti europei e dividono anche il campo dell’opposizione; le rischiose sfide regionali d’autunno in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria; la spinta unitaria del centrosinistra sul referendum contro l’autonomia differenziata, che riscuote il consenso dei vescovi e di diversi amministratori azzurri, frenando anche la riforma sul premierato.

Il vice presidende del Consiglio e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, e il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani
Il vice presidende del Consiglio e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, e il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani

I risultati e i consensi lusinghieri riscossi dal governo Meloni fanno insomma inesorabilmente rotta verso un autunno a dir poco perturbato quanto pericoloso. La premier rivendica i dati macroeconomici: a cominciare dalla crescita sopra la media del Pil nel Mezzogiorno, che attesterebbe la vocazione meridionalista dell’esecutivo rispetto alle accuse dell’opposizione sull’autonomia differenziata "spacca Italia". Ma sull’autonomia FI tira il freno, chiedendo la definizione preliminare dei ’Livelli essenziali delle prestazioni’. Meloni incassa anche i livelli record di impiego: col tasso di disoccupazione sceso al 6,5%, ma mitigato dall’aumento degli inattivi. E può ben vantare i 113,5 miliardi (su 194,4) già riscossi dalle prime 5 rate di Pnrr.

Il debito rimane una zavorra insormontabile per la finanza pubblica. La conferma del taglio al cuneo fiscale lascia dunque pochi margini di manovra in una legge Finanziaria dove Lega e FI vorrebbero interventi su quota 41 e pensioni minime, mentre i lavoratori attendono aumenti contrattuali. E dal prossimo anno, con l’entrata in vigore del nuovo patto di stabilità, l’Italia sarà obbligata a iniziare a ripianare il debito.

Di qui si apre il fronte europeo, che si dimostra il più complicato e dirimente. Il mandato di Fitto è certamente ricucire i rapporti con Bruxelles, dopo il voto di FdI contro Ursula von der Leyen in seguito al quale Meloni si è messa tra l’incudine del Ppe e il martello di Orbán. Un’impasse strategica, dopo la lunga gestazione dell’ingresso nel salotto dei bottoni europeo.

Meloni si è infatti trovata spiazzata nel merito per l’opposizione ideologica e un po’ miope al Green deal, voluto per sostenere la ristrutturazione verde di processo e di prodotto del capitale europeo. E nel metodo, anche a causa della sua inflessibilità caratteriale, per non voler morire democristiana alla corte del Ppe. Rimanendo così in un limbo a mezza strada con le posizioni dei patrioti di Orban e Matteo Salvini, come dimostrano le differenze permanenti sulla vicenda ucraina. Pur schieratissima con la Nato, da Meloni e i Conservatori il Ppe esige invece una netta scelta di campo in Europa, non solo rispetto ai Patrioti, ma anche come alleata organica. Unica condizione che può permettere di negoziare, per quanto possibile, la partita dirimente sul debito italiano. Qui entra in gioco Fitto.

Frattanto il paradosso è che il centrosinistra si ritrova impantanato nello stesso campo: la politica estera. Con Conte che non osteggia Trump e Schlein ovviamente per Harris, e con un’approccio differente sugli aiuti a Kiev che ancora vede contrapposti pacifisti (M5s e Avs) e atlantisti, il Pd in primis. Eppure il campo largo avrebbe buone possibilità di fare il triplete nelle Regioni al voto, il cui risultato prelude sempre al successivo voto politico. E l’exploit di firme sul referendum per abrogare l’autonomia differenziata dimostra la ripresa di forza d’animo della base elettorale del centrosinistra. Uno stop della riforma addenserebbe nuove nubi sulla maggioranza.