Giovedì 21 Novembre 2024
DAVID ALLEGRANTI
Politica

Il governo Meloni e la rivoluzione mancata: "Qui facciamo la Storia". Ma alla fine resta il gossip

La destra al governo ha mostrato i suoi limiti nella selezione della classe dirigente. All’intento, mancato di rivoluzionare la Cultura, resta la sindrome del complotto

Roma, 7 agosto 2024 – Ci avevano preannunciato, i Fratelli e le Sorelle d’Italia, rivoluzioni culturali e finanche esistenziali. La fine dell’amichettismo "de sinistra" sepolto dal citazionismo spinto di Giovanni Papini&Giuseppe Prezzolini (come ama dire Papini, "buonasera").

Sangiuliano, Boccia e il sindaco di Pompei
Sangiuliano, Boccia e il sindaco di Pompei

L’apoteosi del gramscismo di destra con l’obiettivo di egemonizzare, finalmente!, le casematte del potere da sempre appannaggio dei comunisti. "Noi stiamo facendo la Storia, e dobbiamo esserne tutti consapevoli. E questo non prevede né pause né soste, ma tanto meno può consentire errori e passi falsi", si è lanciata la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in questi giorni in cui imperversa il caso Sangiuliano, richiamando tutti all’ordine.

Per la verità, qui, di Storia, se ne vede pochina, al massimo qualche cronaca un po’ rosa un po’ (forse) giudiziaria; le storie invece, quelle che durano appena 24 ore, ottime per Instagram, abbondano. La dottoressa Maria Rosaria Boccia è diventata la citizen journalist che nessuno s’aspettava (sopratutto l’ormai ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano), la Signora dei Social: Un Post per domarli, un Post per trovarli, / Un Post per ghermirli e nel buio incatenarli. Nella Terra di Chigi, dove l’Ombra cupa scende (Tolkien pietà).

Sicché, pure la rivoluzione è a tempo, dura l’arco di un giorno e poi scompare. Ha mostrato qualche limite, la destra, nella selezione della classe dirigente. Eppure per fare la Storia e la rivoluzione, c’è bisogno di rigore, di tensione etica, di resistenza. Qui invece alla prima curva si vedono già le auto che vanno fuori strada. Sangiuliano non è il primo né un caso isolato.

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C’è Daniela Santanchè, che ha due richieste di rinvio a giudizio; per chi scambia il garantismo per un gargarismo, in omaggio alla Storia che guarda e giudica eccetera eccetera, sarà un problema se la posizione della ministra del Turismo dovesse aggravarsi. C’è poi il ministro delle Imprese Adolfo Urso, che ha querelato Foglio e Riformista chiedendo 250 mila/500 mila euro perché lo hanno chiamato, sfottendo il suo dirigismo statalista, Adolfo Urss; non esattamente un omaggio alla libertà di stampa e di ironia (e dire che in questo governo i giornalisti abbondano).

La parola rimpasto ai rivoluzionari non piace, perché è troppo da Prima Repubblica, ma forse a un certo punto diventa necessaria. D’altronde c’è già Raffaele Fitto che va a fare la punta di diamante in Europa, alle direttive di Ursula von der Leyen. Se dopo Sangiuliano, che non ha retto l’urto delle nuove rivelazioni, si complicherà anche la situazione di Santanchè sarà difficile, per la presidente del Consiglio, evitare di mettere ancora mano alla squadra; non è una sconfitta, ma una necessità politica. Meloni non voleva contemplare l’ipotesi del tagliando. Ogni situazione complessa – chiamiamola così – era stata descritta grazie all’aiuto della retorica del complotto.

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Alla fine le dimissioni di Sangiuliano sono arrivate, ma l’evocazione del complotto resta sempre nell’aria. Ora, ai politici capita di sentirsi accerchiati. E più si ricopre una posizione istituzionalmente rilevante e più l’accerchiamento, o quantomeno la sensazione dell’accerchiamento, aumenta. Meloni vede avversari dappertutto. Lei e i suoi Fratelli d’Italia indulgono con facilità nella sindrome del "personaggio scomodo", di solito autoattribuita. C’è il giornalista scomodo, c’è lo scrittore scomodo, c’è il cantautore scomodo e c’è il politico scomodo. Non di rado tuttavia l’accerchiamento diventa auto accerchiamento. "Ce l’hanno con noi" è la frase-manifesto della paranoia del potere che cerca nemici ovunque. Ma le spie, al cui novero c’è chi vorrebbe aggiungere anche la dottoressa Boccia, difficilmente usano dei Ray-Ban da 359 euro prodotti in collaborazione con Meta (la società di Mark Zuckerberg). Si spera almeno che gli 007 abbiano standard di reclutamento migliori di quelli di Fratelli d’Italia.